Banchi vuoti e schermi illuminati «La Dad è un’occasione di crescita»

cittadella
Didattica a distanza, i liceali sono abituati, per quanto la casa sia diventata l’unico spazio esistenziale, e i prof cercano di vedere il lato positivo: «Abbiamo preso confidenza con la tecnologia».
Sabato è stata convocata virtualmente la riunione della Rete Consilium, i dirigenti scolastici di 29 scuole ed istituti comprensivi dell’Alta si sono ritrovati per fare il punto. La referente del network è la preside del Liceo Tito Lucrezio Caro di Cittadella, Antonella Bianchini. Che ha più di 1. 200 studenti costretti alla Dad dal 2 marzo per alcuni casi di positività alla variante inglese. «Con le colleghe ed i colleghi abbiamo condiviso le modalità per affrontare al meglio questo lockdown della didattica», spiega la dirigente scolastica, «ed è chiaro che esiste una differenza di fondo: le superiori sono ormai rodate, elementari e medie invece soffrono di più». Al Caro il 40% degli insegnanti si reca a scuola per la dad, mentre il restante ha scelto di fare lezione da casa.
Nella 4B dell’indirizzo di Scienze Umane del Tito Lucrezio Caro i ragazzi la prendono con filosofia. La professoressa Valentina Casarotto ha il suo schermo acceso in classe, dietro i banchi vuoti, nel mosaico della Lim – la lavagna multimediale – ci sono i volti dei giovanissimi. Ci si confronta sui dipinti amorosi del’500 in Veneto. «Cosa manca? L’interazione e le relazioni», dicono gli studenti, e non servono sondaggi approfonditi: tutti preferiscono la didattica in presenza. Allo stesso tempo, hanno saputo adattarsi, le sfumature ci sono. «Ci troviamo bene anche a casa, ma manca il rapporto tra di noi e con i prof». C’è chi si evita levatacce, la connessione corre più veloce della corriera: «Abito un po’ lontana e ho più tempo per ripassare e riposare». E i compiti in classe? «L’interrogazione è sempre foriera di ansia e pressione, ma le verifiche invece non hanno tanto senso», osservano i giovanissimi, che rivendicano di non aver perso troppo rendimento. Un ragazzo racconta la giornata tipo: «Mi sveglio alle 7. 30, faccio una colazione abbondante e mi vesto come se dovessi andare in classe». Insomma, niente pigiami e facce assonnate. Le lezioni durano 45-50 minuti invece dei soliti 55, si fanno due pause. E ci sono pure le ore di educazione fisica. «Stiamo diventando super esperti di fisiologia umana e sport». La scuola però è molto altro: i rapporti diretti, gli intervalli, le camminate con i compagni lungo i corridoi, le attività extra come teatro e radio. «La casa è l’unica location, non è più un luogo di pausa e riposo, è polifunzionale, si fa tutto qui», concludono gli studenti.
In 5BS i ragazzi viaggiano spediti verso la maturità. Tutti puntuali si collegano, c’è Storia dell’Arte, lezione sul surrealismo. Il digitale è stato un nuovo modo di stare nella realtà del tempo pandemico. «Insegno dal 2007», spiega la docente, «e quest’anno sono stata un animatore digitale. Ho visto miracoli tra i colleghi che hanno lanciato il cuore oltre l’ostacolo, si sono attrezzati con un doppio schermo a casa e si sono adeguati. Siamo una comunità che si sente partecipe di un grande cambiamento, nessuno ha mai pensato di mollare ed abbiamo saputo andar ben oltre le conoscenze digitali di partenza». I ragazzi della 2A di Scienze Applicate si affacciano timidi sullo schermo, hanno lezione di inglese con il prof Edoardo Menegazzo, in cattedra da 35 anni: «Sicuramente la fatica più grande che hanno da casa è reggere la concentrazione, ma la Dad è stata sicuramente una bella occasione di crescita» . —
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