Batterio killer in ospedale a Verona, bimba padovana resta disabile

MEGLIADINO SAN VITALE.
Benedetta nasce il 22 aprile, in 27 settimane e 5 giorni. È prematura ma il suo corpicino è forte, e la piccola risponde bene ai problemi polmonari dei primi giorni. Nella stanza dove passa quei giorni difficili, però, trova qualcosa di molto più forte.
Si chiama Citrobacter koseri ed è un batterio come l’Escherichia coli o la Salmonella. Il Citrobacter entra nel delicato ambiente della Terapia intensiva neonatale dell’ospedale Borgo Trento di Verona, dove Benedetta è ricoverata, e colpisce la neonata.

Non sarà l’unica: in tre anni oltre 90 bambini entreranno in contatto con il Citrobacter. L’infezione provocata da quel batterio-killer ha causato infezioni cerebrali permanenti a 9 neonati, causando addirittura la morte di altri 4. Numeri su cui l'Azienda ospedaliera veronese ribatte, sostenendo che "i decessi correlati alla vicenda sono quattro mentre gli infetti con esiti sono tre". In questi numeri c’è anche la storia di Benedetta Gennaro.
In questi numeri c’è anche la storia di Benedetta Gennaro.
Il 21 febbraio l’ospedale “Madre Teresa” di Schiavonia viene chiuso dal presidente regionale Luca Zaia: si sono appena scoperti i primi due casi di Covid-19 del Veneto.
Sara Farinazzo, che sta aspettando con il marito Alex Gennaro l’arrivo della piccola Benedetta (la famiglia è di Megliadino San Vitale e ha già una bimba di 4 anni), è in cura a Schiavonia ma, in quel giorno, viene dirottata a Legnago (Verona).
Qui Sara, in 19 settimane, arriva dopo la rottura del sacco amniotico, quello che protegge il feto. Seguono tre ricoveri a Monza per altrettante amnioinfusioni, quindi Sara e Alex sono chiamati a scegliere un ospedale alternativo a Schiavonia: per nome e prestigio, la scelta ricade sul Borgo Trento di Verona.
La futura mamma viene ricoverata nella struttura scaligera il 30 marzo.
Benedetta nasce il 22 aprile in 27 settimane e 5 giorni. Da prematura, ha difficoltà polmonari. Ad eccezione di questo grave scoglio, le ecografie parlano di una bimba sana e che risponde bene alle cure.
Benedetta viene ricoverata nella Terapia intensiva neonatale con altri 14 bambini. Il 4 maggio però le sue condizioni peggiorano sensibilmente.
La neonata viene sottoposta a numerose analisi. Il giorno dopo viene confermata l’infezione da Citrobacter.
La neonata deve combattere contro una meningoencefalite frontale, laterale e posteriore, che aggredisce il suo cervello lasciando ferite insanabili.
Quei danni cerebrali, per Benedetta, costeranno deficit cognitivi e motori per tutta la vita. Comprendere, parlare, muovere gli arti e camminare saranno funzioni che molto probabilmente la Natura non concederà alla bimba.
A breve per Benedetta partirà la fisioterapia, mentre già da tempo assume medicinali antiepilettici. Per lei gli antibiotici sono cominciati il 5 maggio e sono terminati il 20 agosto.
A luglio si è manifestato l’idrocefalo, ossia l’accumulo di quantità eccessive di liquido cerebrospinale. Conseguenza di questa patologia, tra le altre, è l’aumento della circonferenza cranica.
A poche settimane di vita, Benedetta è già stata sottoposta a un’operazione di derivazione ventricolo peritoneale. Ogni notte il suo sonno è vigilato da un saturimetro a cui mamma e papà devono badare in continuazione.
Mercoledì scorso Alex e Sara, i genitori di Benedetta, 44 e 38 anni, hanno presentato un esposto alla Procura di Verona. La famiglia è seguita in questo percorso dall’avvocato Mirko Binco.
Nella stessa giornata i due sono stati ascoltati da un magistrato. Il fascicolo della piccola Benedetta si aggiungerà ai già numerosi esposti legati a questa vicenda.
Denunce di famiglie segnate per sempre, di piccole vite costrette a combattere battaglie impossibili sin dai primi giorni di vita. «Benedetta è stata l’ultima bimba, tra quelli che hanno contratto l’infezione da Citrobacter, a uscire dall’ospedale» spiegano Alex e Sara «Denunciare quanto accaduto era un atto dovuto, per Benedetta ma anche per tutte quelle famiglie costrette a vivere situazioni come queste. Chiediamo che i responsabili siano individuati senza sconti. E che sia fatta giustizia».
I due hanno messo nelle mani dell’autorità giudiziaria importanti elementi: «Abbiamo segnalato ogni anomalia, a partire dal fatto che Benedetta si trovasse nella Terapia intensiva neonatale con due bimbi risultati poi infetti. Perché gli altri neonati, Benedetta compresa, sono stati lasciati lì, nonostante il batterio fosse trasmissibile anche da persona a persona? Perché quando i due neonati venivano visitati, medici e infermieri utilizzavano dispositivi di protezione di ogni genere e poi con gli altri bimbi no?».
Domande poste con dignità. Dignità che ora chiede giustizia.
Dal canto suo, l'Azienda ospedaliera integrata universitaria di Verona sottolinea - come anticipato - che i decessi correlati alla vicenda sono quattro mentre gli infetti con esiti sono tre. Per quanto riguarda i pazienti colonizzati (cioè che non hanno avuto né infezioni né esiti, pur sussistendo la presenza del batterio) ad oggi 14 risultano essere ancora colonizzati e seguiti puntualmente dal personale aziendale.
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