Bettin: «Il Pd? È tonico e ora tocca ai giovani»

Ha preso direttamente la tessera Pd. Massimo Bettin, 28 anni, è l’«erede» di Piero Ruzzante e soprattutto incarna la svolta giovanile dentro e fuori via Beato Pellegrino.
«Bersani è stato il primo a indicare la via: i personalismi non sono mai positivi in politica. Vale anche per lui...» sostiene Bettin.
E il Pd in fibrillazione da dopo le elezioni?
«Mi conforta, soprattutto qui a Padova, vedere un partito tonico sia pure dentro una discussione vivace, dopo mesi difficili».
C’è chi punta sempre l’indice sull’«apparato» di via Beato Pellegrino. La replica?
«Da responsabile organizzativo, posso assicurare che abbiamo fatto il massimo sforzo per eliminare il baco dell’auto-referenzialità. Una segreteria cittadina giovane, che ha operato scelte collegiali e si è messa al servizio delle idee».
Avete già girato pagina?
«In questi tre anni, il Pd non è stato somma di Ds e Margherita. Anzi, massima apertura ai mondi sociali, all’associazionismo, ai circoli e ai simpatizzanti. Ecco, non ci siamo preoccupati dei salotti...».
Bettin politicamente come si identifica?
«Mai stato iscritto ai Ds, provengo dall’associazionismo. Mi sono iscritto al Pd proprio perché voglio un partito accogliente, una comunità in osmosi, il meticciato dei valori condivisi come traguardo naturale del nostro partito».
Dicono che il congresso certificherà il passaggio di testimone con Ruzzante.
«Guardi, Piero fin dal primo giorno da segretario cittadino si era impegnato a promuovere un nuovo gruppo dirigente. E ora noi giovani, cresciuti grazie al suo lavoro, siamo pronti a impegnarci come e più di prima per il Pd».
Insomma?
«Al di là dell’abusato termine “rottamazione”, è tempo di una generazione che sceglie più che farsi scegliere. Con tutti i difetti, nel Pd contano gli iscritti. Non ci sono predestinati, perché contano il dibattito e le idee».
E Bettin che idee ha?
«La passione politica di stare nella comunità che discute a tutto campo. Mi impegno, con altri, nel Pd perché sono interessato al laboratorio di contaminazione fra l’etica della sinistra che mette al centro il lavoro e la cultura cattolica».
In origine con Franceschini “versus” Bersani, giusto?
«Era il 2009 e mi sembrava che Franceschini rappresentasse meglio il necessario amalgama. Ma con altrettanta convinzione ho sostenuto Bersani alle primarie d’autunno».
Adesso tutti rincorrono o sposano Renzi?
«Mi auguro un congresso che non sia una ricerca del plebiscito né agglomerare qualcosa contro qualcuno. Non condivido alcune cose che Renzi dice e pensa, però è una risorsa oggettiva del Pd. Ma sarebbe autolesionista promuovere solo la contrapposizione».
Torniamo a Padova: primarie per il sindaco?
«Si faranno, eccome. Le ha decise 10 mesi fa il massimo organismo cittadino. Piuttosto sarà bene che il Pd vigili affinché non siano lo strumento per “lanciare” singole individualità. Le primarie non possono essere un filtro da manuale Cencelli per posizioni di potere. Servono a indicare il candidato sindaco. E io lo dico subito: per me, è Ivo Rossi».
Con Bettin assessore, come maligna qualcuno?
«Chi si dedica a questo genere di puzzle fa una... cretinata. Bisogna vincere e riconquistare Padova al buongoverno di centrosinistra, in continuità e con innovazione. Poi per me la militanza non è terra di mezzo, in attesa di un incarico. Sto nel Pd per passione: merita attenzione dedicata. Mi impegno a dare l’esempio». (e.m.)
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