Bibliotecaria del Bo fa nascere i bimbi in zone di guerra

PADOVA. «L’esperienza più difficile è stata in Pakistan: non perché le condizioni di lavoro fossero peggiori che altrove, ma per il trattamento riservato alle donne: la considerazione per loro è pari a zero, sono completamente sottomesse. Ci sono posti del mondo dove la vita è davvero dura se sei una donna». Forse l’hanno scelta per la sua schiettezza, Carla Patrizia Dani, che dopo quasi dodici anni di esperienze umanitarie nei luoghi più disagiati del pianeta riesce ancora a parlarne senza drammi né retorica.
L’inizio. La sua avventura inizia nel 2006, quando con una radicale svolta alla sua vita decide di lasciare le tranquille biblioteche dell’Università di Padova (dove lavora tuttora) per seguire Emergency. E da lì non si è più fermata: tre volte in Afghanistan, due in Sud Sudan, una in Giordania, l’ultima in Pakistan nel 2017. La prossima tappa, se riuscirà a conciliare questo desiderio con il contratto di lavoro, potrebbe essere in Etiopia: otto mesi di passione, al fianco di Medici Senza Frontiere.

La scelta. Nata a Vicenza nel 1958, Carla Dani si è trasferita a Padova nel ’78, per studiare Ostetricia, e da allora non ha più lasciato la città. La passione per la medicina c’è sempre stata, ma durante un periodo di ripensamento profondo ha chiesto all’ateneo (di cui era già dipendente) di cambiare aria, abbandonando il caos della corsia per il silenzio dei libri. Non è durata molto: «Forse», dice, «proprio da quel periodo difficile ho capito che, pur amando anche il mestiere di bibliotecaria, la vocazione rimaneva un’altra. Ho sempre desiderato partecipare ad una missione umanitaria, ma per ragioni puramente organizzative non ero riuscita a partire. Poi, nel 2005, ho sentito in televisione un appello di Gino Strada, e ho risposto: sul loro sito chiedevano un curriculum ed una presentazione, poi ho partecipato ad una selezione a Milano e mi hanno scelta. La prima esperienza, l’anno dopo, è stata incredibile, ma completamente diversa da come me l’aspettavo: in quei paesi niente è mai come te l’aspetti. Esci dall’aeroporto e trovi un mondo sconosciuto: il modo di guardarti che hanno le persone, l’aria, i profumi, il colore del cielo».

Miseria. Le sue descrizioni parlano di luoghi splendidi e di situazioni umane drammatiche: «In tutti questi paesi» spiega Dani «l’accesso alle cure non è mai gratuito e la gente vive in condizioni di miseria estrema. Non ci sono medicine, non c’è cultura della sanità, dell’igiene, non ci sono fondi per creare strutture, non c’è niente. Le donne muoiono ancora di parto, frequentemente». Della guerra parla appena: «Un giorno c’è stata una ribellione nel carcere di Kabul, e sono arrivati molti feriti. Io non avevo mai visto ferite da arma da fuoco: pensavo che un proiettile lasciasse un foro enorme e sanguinoso, invece è piccolissimo». Lo dice così, senza tanta retorica.

Bambini. Un’ostetrica fa nascere i bambini, e lei tiene soprattutto a loro e alla salute delle donne: mostra decine di foto di bebè, di ogni colore, nati nelle situazioni più assurde. «La madre di questa bambina veniva da un campo profughi in Giordania: la piccola è venuta al mondo in un camion, nel bel mezzo del deserto», racconta guardando una fotografia incredibile, dove i suoi occhi lucidi dicono già tutto. Dalla prima esperienza, ormai, sono passati più di dieci anni e dopo Emergency Carla Dani ha lavorato anche con Medici Senza Frontiere.
Nuova missione. «Due realtà diverse negli obiettivi e nel modo di lavorare, ma entrambe molto valide», racconta. Dall’ultima missione è tornata a novembre, e vorrebbe ripartire già tra qualche mese: direzione Etiopia. «Finora non sono mai stata via per più di 6 o 7 mesi, questa volta sarebbero 8: per me sarebbe la missione più lunga in assoluto. Vediamo se anche questa volta riuscirò a partire».
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