Bike Stop, un'"area di servizio" per i ciclisti vicino all'Allegri

PADOVA. Per chi arriva e per chi sogna di partire, rigorosamente su due ruote, a pedali, nel silenzio delle ciclabili, lungo i fiumi, in mezzo agli alberi. Il Bike Stop che sta per nascere sulle rive del Bacchiglione, tra via Isonzo e corso Australia, ai margini dell’aeroporto Allegri, incrocia il suo destino con un atteso e probabile rilancio della città ciclabile, promesso dal nuovo sindaco Giordani e soprattutto dal suo vice (e assessore alla Mobilità) Arturo Lorenzoni. Con questa buona stella (e dopo il colloquio avuto proprio con Lorenzoni giovedì scorso) è lecito credere alle promesse di Maurizio Minicuci e di Maurizio Trabuio che a capo dell’Accademia Ciclosofica e con la Pedivella srl promettono di aprire il cancello del Bike Stop a marzo del 2018, dopo averlo condiviso prima con il quartiere e poi con la città intera (una presentazione in piazza delle Erbe è già in calendario per la primavera dell’anno prossimo).

Da costruire, in fondo, c’è poco. Più che altro si tratta di allestire il servizio. Nell’area verde a disposizione - che in mancanza di vincoli attende solo una classificazione urbanistica adeguata - saranno posati una tensostruttura, un chiosco per l’accoglienza, il punto ristoro e la ciclofficina e uno per le docce. Il resto sarà spazio libero, orti sociali («per far vivere l’area, aldilà della sua funzione primaria», spiegano i promotori) e parcheggio per bici, con comoda via d’uscita verso il centro, gli argini del Bacchiglione davanti e il cuore del parco agropaesaggistico del Basso Isonzo a un soffio.
«La funzione del Bike Stop sarà duplice», spiega Maurizio Minicuci. «Da un lato saremo una porta d’ingresso alla città per chi transita sulla Ciclovia N.1, quella tra il Garda e Venezia. Da un altro vogliamo essere il punto di partenza per i padovani che vogliono provare l’esperienza del cicloturismo e non sono ancora attrezzati e preparati a farlo». Ai turisti-ciclisti in arrivo, il servizio offrirà ristoro (senza cucina, solo con spuntini pronti), docce, officina e accoglienza, con indicazioni per visitare Padova e muoversi, ancora in bici, da un angolo all’altro della città. Ma la vera novità è l’offerta per i padovani aspiranti ciclisti o principianti dei pedali: «A loro vogliamo dare la possibilità di passare da un ciclismo urbano a uno più itinerante, con circuiti che non si allontanano per più di 2-300 chilometri», prosegue Minicuci. «Chi vorrà cimentarsi in queste esperienze, troverà un info-point con portale d’accesso alla rete degli itinerari, possibilità di prenotare le strutture di alloggio, biblioteca con guide di viaggio e tutta l’attrezzatura, dalle bici ai caschi alle borse, da prendere a noleggio». Il modello, insomma, è quello dei bicigrill (ma attenzione, questo marchio è di proprietà del Trentino e non si può usare) che fatica a diffondersi in Italia per le note resistenze del paese all’uso della bici, che si traducono anche in una scarsa capacità ricettiva verso i cicloturisti, che invece in Europa sono in crescita, viaggiano, cercano qualità e per questa sono disposti a spendere. «Quanti sono, cosa cercano di preciso e per quanto si fermano, nessuno lo sa ed è incredibile», conclude Minicuci. «E tra i nostri obiettivi c’è anche questo: studiare il fenomeno, capirlo meglio, assecondarlo. Perfino la componente internazionale dell’università ha aspettative su questo fronte: noi dobbiamo recuperare un ritardo accumulato negli anni».
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