Boss della ’ndrangheta con base e affari a Padova

Si chiama Giovanni Spadafora, ha 44 anni ed è un pezzo grosso della “locale” di Belvedere Spinello, articolazione territoriale della ‘ndrangheta. Si trovava già al carcere Due Palazzi perché lo scorso anno era stato preso con un chilo di hashish. La nuova ordinanza notificata dagli uomini della Squadra mobile di Padova, su indagine della procura di Catanzaro, delinea al meglio il profilo di Spadafora. È un soldato della criminalità organizzata e si era radicato qua a Padova.
Gli uomini del vicequestore aggiunto Mauro Carisdeo sapevano di trovarsi di fronte a un personaggio di “spessore” ma la conferma è arrivata con i rilievi emersi nel corso di questa ultima inchiesta.
La cosca colpita vantava addentellati su sei località distribuite tra la provincia di Crotone e Cosenza, contando anche su propaggini operative in Lombardia, dove operava una ‘ndrina distaccata radicata nella città di Rho, periferia nord di Milano. Belvedere Spinello era l’epicentro dell’attività del gruppo malavitoso, capeggiato da Agostino Marrazzo, 53 anni, che si avvaleva dei luogotenenti più fidati del suo gruppo familiare come il fratello Sabatino Domenico Marrazzo, 59 anni, ed il cugino Giovanni “Giannino” Marrazzo, di 60. Tra i “capi” più influenti delle ‘ndrine locali satelliti gli inquirenti indicano Francesco Rocca e Giovanni Spadafora di San Giovanni in Fiore e Saverio Bitonti di Castelsilano.
Le indagini sono scaturite dal duplice omicidio di Tommaso Misiano e Gaetano Benincasa, avvenuto a Rocca di Neto il 18 luglio 2008. Agli indagati sono contestati anche gli omicidi di ‘ndrangheta commessi ai danni di Francesco Iona, nel 1999 e Antonio Silletta, risalente al 2006.
Spadafora era stato arrestato nel 2015 nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla procura di Padova (pm Benedetto Roberti) su un traffico di droga e sull’utilizzo di una società cartiera, ditta creata per produrre e vendere fatture destinate a giustificare operazioni inesistenti al solo scopo di evadere il fisco. In carcere finirono Antonio Bartucca, 47enne impresario edile con magazzino a Vigonza in via Del Lavoro 24, e Giovanni Spadafora, con Lorenzo Ceoldo, 44 anni di Vigonza. In un soppalco del magazzino di Vigonza c’era il deposito della droga (marijuana, hashish e cocaina) comprata per lo smercio all’ingrosso: era tenuto sotto controllo grazie alle telecamere installate dagli investigatori.
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