«Buco» della Bcc Padovana il dossier alla Banca d'Italia

PUBBLICO MINISTERO Benedetto Roberti e in alto Giovanni Guiotto a sinistra il Centro servizi della banca
È stata una gestione travagliata quella dell'ormai ex presidente dei Bcc (Banca di credito cooperativo) Padovana, Leopoldo Costa. Una gestione che ha vissuto due inchieste giudiziarie, la prima ancora aperta, la seconda finita con una richiesta di archiviazione. Eppure probabilmente, è stata quella che ha dato l'ultimo scossone alla poltrona di Costa. Già perché il pubblico ministero Benedetto Roberti ha deciso di trasmettere il fascicolo alla Banca d'Italia, pur ritenendo non sussistere rilievi di natura penale nei confronti di alcuni di alcuni alti dirigenti dell'istituto.
Alti dirigenti che (secondo l'ipotesi iniziale) avrebbero ostacolato l'organismo di controllo, omettendo informazioni e prospettando una situazione finanziaria, patrimoniale ed economica non rispondente al vero per quanto riguarda i bilanci del 2004 e del 2005 di Bcc e della società di assicurazione Faro (il cui capitale sociale è controllato, per il 20%, da Bcc), approvati dalle assemblee dei soci nel 2005 e 2006. Tra questi l'ex direttore Maurizio Loro, 58 anni di Selvazzano, il suo vice Guerrino Pegoraro, 59 di San Giorgio delle Pertiche, il presidente del collegio sindacale Oscar Pieretto, 65 di Villa del Conte e la consigliera Morena Mazzon, 48 di Loreggia. Faro (di cui i quattro erano, rispettivamente, 2 consiglieri e 2 sindaci), anche se non navigava in buone acque e aveva urgente bisogno di liquidità, era stata acquistata nel 2001 da Bcc, oltre una trentina di sportelli distribuiti nel territorio. Tuttavia a bilancio non vennero indicate le voci di perdita della società neo-acquisita, ma il suo valore d'acquisto in modo da far risultare un attivo nei documenti finanziari. E da coprire le perdite gestionali provocate dall'operazione. Agli indagati erano state contestate pure le false comunicazioni sociali. Tutto finito in archivio, in seguito all'entrata in vigore della norma sul falso in bilancio voluta da Berlusconi che prevede una causa di non punibilità qualora il falso non alteri la rappresentazione della situazione. Il parametro è del 5% e, entro quel limite, il «falso» è ammesso. Il che non ha impedito al pm Roberti di trasmettere alla Banca d'Italia il fascicolo, ipotizzando irregolarità amministrativo-contabili. E la poltrona di Costa si è definitivamente rovesciata, benché un pesante scossone lo avesse avuto con l'avvio dell'indagine sulla G.N.E. (Garanzie Nordest) di Ponte San Nicolò, poi trasferita a Milano e divenuta Consorzio Europeo di Garanzia, fondata dall'ex ad delle ferrovie Lorenzo Necci. La società - sospettata di aver messo in piedi una serie di truffe al sistema creditizio - aveva cercato di ottenere 3 finanziamenti da Bcc senza garanzie e con titoli falsi. A fine estate 2005 aveva incassato un prestito di 10 milioni di euro, poi ne aveva sollecitato uno da 7 milioni, alzando ancora il tiro per reclamare un finanziamento di 30 milioni di euro. In cambio di una garanzia da 30 milioni di dollari accesa presso Deutsche Bank e risultata falsa. Nel frattempo il Consorzio Europeo di Garanzia è fallito e l'inchiesta padovana (tra gli indagati sempre Loro) è stata trasferita alla procura di Milano che già procedeva per il reato di bancarotta fraudolenta.
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