Business migranti: alla sbarra a Padova gli ex vertici della Prefettura

Sotto accusa anche i responsabili della coop Ecofficina per gli appalti su misura. Profughi pronti a costituirsi parte civile. Processo aperto e subito rinviato 
L'ex prefetto vicario Pasquale Aversa con il suo avvocato
L'ex prefetto vicario Pasquale Aversa con il suo avvocato

PADOVA. Indagato di primo piano nell’inchiesta sul “sistema accoglienza” che avrebbe regalato appalti cuciti su misura per la coop-pigliatutto di Simone Borile, monopolista nella malagestione dell’affaire migranti con la benedizione della prefettura di Padova, almeno secondo la pubblica accusa. E ancora, chiacchierato braccio-destro dell’allora prefetto Patrizia Impresa, con la quale era stato intercettato varie volte, quella che ammetteva «È vero che ne abbiamo fatte di porcherie... Anche se dobbiamo fare schifezze... noi ci dobbiamo salvare Pasqua’» e lui, suo vicario con delega a occuparsi della gestione dei migranti, pronto a rispondere «Esatto... Anche se dobbiamo fare schifezze ... noi ci dobbiamo salvare». Alto burocrate di carriera ministeriale che poco amava i giornalisti, pronto a fare soffiate a Borile & soci alla vigilia di ogni controllo, sempre stando all’esito dell’inchiesta della procura. Ma tant’è. Ieri mattina davanti al tribunale di Padova (presidente il giudice Nicoletta De Nardus affiancata dalle colleghe Alcaro e Chillemi), l’unico fra i sette imputati presenti nell’atteso processo sull’affaire migranti era lui, il viceprefetto vicario Pasquale Aversa, oggi in servizio al Ministero dell’Interno: a difenderlo l’avvocato milanese Maira Cacucci, tempra che ricorda la pasionaria del centrodestra Giorgia Meloni (non a caso, è assessore alla Sicurezza nel comune lombardo di Rozzano per Fratelli d’Italia).

I protagonisti

Nessuna dichiarazione da parte sua: respinto ogni commento con cortese fermezza. In poco meno di un quarto d’ora la prima udienza è chiusa e aggiornata al 3 marzo di fronte alle difese che hanno sollevato l’irregolarità di due notifiche ad altrettanti imputati (il viceprefetto Alessandro Sallusto, trasferito alla prefettura di Bologna sotto la guida dell’ex prefetto padovano Impresa, e Sara Felpati, moglie di Borile e sua principale collaboratrice in Ecofficina poi Edeco, entrambi assenti) difesi dagli avvocati Alberto Berardi (il primo) e Giorgio Gargiulo con Fiorella Mammana (la seconda). Assenti pure Borile (difensore il penalista Gargiulo), cervello della coop e regista del “sistema accoglienza” con l’allora presidente di Edeco Gaetano Battocchio (avvocato Giulio Cristofori); la funzionaria prefettizia Tiziana Quintario, anche lei in servizio nel capoluogo emiliano (avvocato il vicentino Lino Roetta) e Marco Zangrossi di Sant’Elena, consulente del lavoro (avvocato Giorgio Pasqual). Le accuse contestate a vario titolo ai sette sono di turbativa d’asta (Quintario, Borile, Battocchio e Felpati); frode nelle forniture pubbliche e abuso d’ufficio (Battocchio, Felpati, Borile, Aversa, Quintario); truffa (Quintario, Borile, Battocchio); concussione per induzione (Battocchio Quintario, Felpati e Borile); rivelazione di segreti d’ufficio (Aversa, Quintario e Sallusto) e falso ideologico (Quintario, Battocchio, Felpati e Borile.

Rifugiati al processo

Avevano toccato le mille unità gli ospiti del centro di San Siro di Bagnoli, mentre erano circa 300 i migranti nell’ex caserma Prandina di Padova, tutte cifre ben al di sopra della reale capienza. Solo in sette di loro hanno trovato il coraggio di presentarsi al processo: sono ragazzi provenienti da Paesi dell’Africa centrale che, per un anno o più, hanno vissuto in condizioni al limite nelle due strutture gestite da Edeco, la coop che incassava soldi per ciascuno di loro, risparmiando su tutto e moltiplicando i profitti. Vogliono costituirsi parte civile e a difenderli ci sarà un gruppo di legali attivi nei Giuristi democratici, gli avvocati Maria Pia Rizzo, Chiara Pernechele, Davide Zagni, Rosa Scarpino e l’avvocato Aurora D’Agostino. «Sono persone danneggiate: non avevano cibo a sufficienza, non avevano vestiti, non avevano visite mediche e vivevano in condizioni di sovraffollamento. Molti di loro, rintracciati grazie all’associazione Bioslab, hanno paura» spiega Rizzo. La collega D’Agostino intende costituirsi anche per i Giuristi democratici «che sulla mala gestione dell’accoglienza hanno puntato il dito da tempo perché tuteliamo i diritti dei senza diritti. E tra quelli che hanno meno diritti, ci sono i richiedenti asilo e protezione internazionale». —
 

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