Carcere colabrodo, 17 imputati tra spacciatori e camorristi

È ricominciato ieri davanti al tribunale, nell’aula bunker di Mestre, il processo nei confronti di 17 imputati nell’ambito dell’inchiesta (in più tronconi) sul carcere-colabrodo, la casa di reclusione Due Palazzi dove per alcuni anni entrava di tutto, dalla droga ai cellulari. Trasferta veneziana per un procedimento penale tutto padovano solo per motivi logistici (ci sono lavori di manutenzione nell’aula bunker di Padova): si è ripartiti daccapo con le udienze perché è cambiata la composizione del collegio giudicante in seguito al trasferimento di un giudice.
I protagonisti
Sette gli imputati italiani, fra loro un capoclan della Sacra Corona Unita, Sigismondo Strisciuglio, i camorristi Gaetano Bocchetti, uno dei padrini dell’Alleanza di Secondigliano che ha dominato lo spaccio nelle piazze di Napoli, e Domenico Morelli, già evaso nel 1993 e poi sottoposto al 41 bis, il regime del carcere duro. Usare i cellulari dietro alle sbarre era un’abitudine per loro (e non solo). Un giorno uno degli agenti che ha già chiuso il conto con la giustizia (Pietro Rega) si preoccupa: «E adesso come fa Bocchetti senza telefono?». Ecco gli imputati: il tunisino Adel Chabbaa, Ferruccio Chiostergi di Trieste, l’albanese Bledar Dinja, la marocchina Amal El Archi e il fratello Mourad El Archi, Ivan Firenze di Lecce, il marocchino Abdelhamid Jebrani, Giuseppe Marino di Palermo, il tunisino Makrem Mestiri, Eros Murador di San Donà di Piave, il marocchino Hakim Nafausi, l’albanese Adriano Patosi, i tunisini Issam Tlili e Mohamed Tlili, oltre a Gaetano Bocchetti di Napoli, Domenico Morelli di Casandrino (Napoli), e Sigismondo Strisciuglio di Bari. Contestati a vario titolo i reati di concorso in corruzione continuata e cessione di droga.
Le accuse
Tante storie nella storia del carcere-colabrodo. C’è tutto l’amore della sorella (Amal El Aerchi) per il fratello detenuto Mourad. Un amore così forte che la donna paga 658 euro a un agente di custodia per far recapitare al giovane eroina e hashish. C’è Strisciuglio che riesce a non farsi mai mancare (pure lui) la stessa accoppiata di droga preferita dal magrebino, con in più chiavette Usb, pc e cellulari alla faccia delle regole della detenzione. E così Bocchetti, pezzo grosso della camorra, che continua a coltivare relazioni importanti nel mondo criminale: e chi se ne importa se sta rinchiuso tra le mura di una struttura penitenziaria. Domenico Morelli è addirittura sottoposto al regime del 41 bis, un regime detentivo particolarmente rigoroso destinato a soggetti legati alla criminalità organizzata. Eppure Morelli, capozona della camorra nella provincia napoletana e già nei guai per omicidio e tentato omicidio, intrattiene quei rapporti illegali. Detenuti privilegiati quelli reclusi – in particolare – nella quinta sezione dove si è concentrata l’inchiesta del pm Sergio Dini: bastava pagare e ogni “muro” era facilmente superabile.
Conti chiusi
Nel luglio 2014 era partita la prima fase dell’indagine con una valanga di arresti. Tra reclusi, agenti di polizia penitenziaria conniventi e altri fiancheggiatori inflitte 13 condanne per 51 anni di reclusione al termine di un rito abbreviato. —
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