Casa del Pellegrino, davanti al Santo sarà Covid hotel: «Siamo pronti, la sicurezza è totale»

PADOVA. «Abbiamo partecipato a una manifestazione di interessi, indicando il numero di camere che potevamo mettere a disposizione per l’Usl e la quotazione per i servizi richiesti: pulizia camera giornaliera, sostituzione biancheria interna e altre attività di servizio alberghiero integrato. Dopo quella prima comunicazione via pec, non abbiamo ricevuto nessuna conferma. Tanto che mi sono stupito dell’uscita sui giornali».
Gabriele Iosefini, direttore della Casa del Pellegrino, in via Cesarotti, davanti alla Basilica del Santo, mette i puntini sulle «i». Il commissario Arcuri ha chiesto alle Regioni di individuare un albergo per Provincia che possa ospitare dei pazienti Covid.
Il Veneto ne ha trovati ben 16, almeno uno per Usl. In città l’albergo Covid è la Casa del Pellegrino accanto alla Basilica del Santo. Come ha spiegato l’assessora alla Sanità, Manuela Lanzarin, le tipologie richieste agli hotel sarebbero due: i positivi asintomatici che non hanno bisogno di assistenza sanitaria e i sintomatici che, invece, hanno bisogno di cure.
Gli alberghi cittadini risponderebbero solo alla prima tipologia. Questo perché i posti letto complessivi della Regione, tra ospedali e strutture intermedie, al momento rispondono alla richiesta dei pazienti. A che cosa servirebbero in concreto gli alberghi Covid? A dare ospitalità a un medico che lavora dodici ore agli Infettivi e non se la sente di tornare a casa dalla famiglia; a chi deve fare la quarantena fiduciaria e non ha spazio a casa o condivide gli spazi con un anziano o una persona fragile.
«Sono tempi difficili» aggiunge il direttore, «la pianificazione come la conoscevamo prima dobbiamo dimenticarla, si vive alla giornata e si gestiscono emergenze quotidiane. Tuttavia oggi (ieri per chi legge) ho chiamato il responsabile del procedimento, ho parlato con un assistente che mi ha confermato siamo una delle strutture cittadine che ha partecipato al bando, ma mi ha anche precisato che, ancora, non è stato contrattualizzato nulla».
E ancora: «Il messaggio deve essere chiaro: per noi è una maniera di trovare un modo per sostenere l’attività» continua Iosefini, «Devono esserci dei presupposti che supportano economicamente il servizio: significa garantire lo stipendio ai nostri collaboratori; ma sentiamo anche un dovere verso la città, considerando che siamo qui da 70 anni». Essere un albergo Covid rischia di tagliare fuori la clientela “tradizionale”? «No», assicura il direttore, «La nostra fortuna è che l’albergo è formato da due plessi distinti e non comunicanti. Questo ci permetterebbe di portare avanti l’operatività classica, con gli ospiti tradizionali, in tutta tranquillità. Il secondo plesso è ben delimitato e non presenta aree di promiscuità. I protocolli di igiene e sanificazione non ci spaventano: abbiamo sviluppato procedure sulla scorta della nostra esperienza e grazie al supporto di AscomAlberghi che possono estendersi per garantire la totale sicurezza. I positivi covid avranno bisogno di particolari attenzioni, in ogni caso siamo a due minuti dai due ospedali cittadini». –
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova