Charlize, un Peter Pan in gonnella

VENEZIA. “Young adult”, ovvero un efficace antidoto cinematografico per la nausea da 8 marzo. La commedia cinica e antiromantica diretta da Jason Reitman e scritta da Diablo Cody (che tornano a lavorare insieme dopo il successo di “Juno”, Oscar 2007 per la migliore sceneggiatura) racconta l’incapacità di crescere di Mavis Gray (interpretata da Charlize Theron), autrice di una collana di libri per adolescenti che, al primo fallimento, ritorna a Mercury, la cittadina del Minnesota dove è nata e da dove spera di ricominciare. L’illusione è quella di poter ritornare ad un epoca dorata, quando, da ex miss America di provincia, bella e stronza, ammaliava tutti i ragazzi della scuola e intossicava di invidia le coetanee che avrebbero voluto essere esattamente come lei.
Riconquistando Buddy, il suo ex fidanzato del liceo, nel frattempo rifugiatosi nella felicità banale di un matrimonio con figlio appena nato, Mavis è convinta di poter colmare quel senso di insoddisfazione e di fallimento che l’ha incarognita, in una sorta di rivincita giocata, però, su un campo ormai deserto. Proprio come un Peter Pan in gonnella, Mavin cerca disperatamente la sua ombra in un passato felice, ma perde di vista la realtà, accecata da una missione che invece di salvarla, accelera il suo declino di donna viziata e nevrotica.
Il titolo del film, in questo caso, è emblematico: Mavis/Charlize è rimasta incastrata in una dimensione adolescenziale ormai sbiadita e lontana, che, petalo dopo petalo, rivela una corolla un po’ avvizzita, senza talento ma con molta bile acida al suo interno. Mavis Gray è, insomma, l’equivalente al femminile di Ryan Bingham, il cacciatore di teste protagonista di “Tra le nuvole” (film diretto da Reitman nel 2009 e interpretato da George Clooney) che preferiva vivere in viaggio tra aeroplani, alberghi e valigie per 365 giorni l’anno, piuttosto che fermarsi ad osservare il proprio fallimento e trovare un rimedio alla propria incapacità di relazionarsi con gli altri essere umani.
In entrambi i casi, in questo “non luogo” - fisico (up in the air, per l’appunto) e mentale (l’eterna giovinezza) - i protagonisti annaspano, si arrovellano, lottano e sperano: ma, alla fine, sono destinati a rimanere soli, pur metabolizzando questa loro patologica e inevitabile condizione con animo completamente diverso.
Se Clooney, dopo una effimera illusione di normalità, la prendeva con una certa filosofia, accettando di rimanere “sospeso”, Charlize Theron rifiuta di imparare la lezione: una perdente che continua, ostinatamente, a credere di poter vincere. Reitman trova un’altra storia adattissima alle sue corde, e, come nel caso di Clooney, una protagonista che è, ormai, un’attrice fatta, capace di regalare al suo personaggio impercettibili sfumature di irrequieta e prepotente seduzione.
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