Chignoli, sentenza annullata in Cassazione

Torna in appello il padre-assassino che uccise la figlia: non è in discussione la sua responsabilità penale, solo la concessione delle attenuanti generiche
L’IMPUTATO. Adalberto Chignoli
L’IMPUTATO. Adalberto Chignoli
 Processo da rifare in appello per Adalberto Chignoli, il 59enne mediatore finanziario che, l'1 ottobre 2007, uccise la figlia 21enne Camilla esplodendo contro di lei un intero caricatore della sua pistola Mauser 7,65 nella villetta di famiglia all'Arcella, in via Vecellio 26. Ieri sera lo ha deciso la Corte di Cassazione che, al termine di una lunga camera di consiglio, ha emesso una sentenza di annullamento (della condanna di secondo grado) con rinvio a una nuova sezione della Corte d'assise d'appello di Venezia limitatamente alle attenuenti generiche. Che cosa significa? Non è stato messo in discussione tutto l'impianto accusatorio che ha portato alla conferma della responsabilità penale di Chignoli, difeso dal penalista Emanuele Scieri e dall'avvocato Riccardo Zanghì Bonsignore. Secondo la Cassazione, che valuta solo i profili formali e non il merito, il processo va «riletto» o rifatto con riferimento alle attenuanti generiche che non furono concesse all'imputato: si tratta di elementi (come l'incensuratezza, la volontaria confessione e altro) di cui il giudice può o meno tener conto per diminuire la pena o irrogare una sanzione meno grave. Nel processo all'imputato non furono riconosciute le attenuanti generiche né in primo né in secondo grado. Fu violata la norma di legge in quanto non gli furono concesse le attenuanti generiche come sollecitato dalla difesa? Difesa che, anche nel ricorso in Cassazione, aveva rilevato come il disturbo di personalità di grado medio riconosciuto a Chignoli potesse giustificare un comportamento psicotico. O, semplicemente, il diniego delle attenuanti non è stato adeguatamente motivato in secondo grado? Lo si saprà tra qualche giorno, quando sarà disponibile la motivazione della sentenza della Cassazione. Tuttavia è chiaro un fatto: il nuovo appello non potrà ribaltare le pronunce che già ci sono state, al massimo sarà ridotta la pena, ovvero 30 anni di carcere inflitti il 24 novembre 2008, in primo grado, dal gup Cristina Cavaggion con rito abbreviato. Una sentenza confermata in appello il 12 febbraio 2009. Il vero motivo che ha scatenato l'omicidio non è mai stato chiarito dal padre-assassino, rinchiuso nel carcere di Treviso.

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