Cinzia Vecchiato va a processo: «Sottratti 3 milioni a Rabarama»

Il tribunale ha fissato l'udienza il 15 febbraio, è imputato anche il marito dell'artista

Sembravano le vittime, dopo aver ottenuto dal tribunale civile di Venezia l’inibitoria (cioè il divieto) a carico di Rabarama, all’anagrafe Paola Epifani, a vendere le sue opere tramite gallerie diverse dalla Galleria Vecchiato. Ora, invece, “il baricentro” dell’affaire giudiziario, si sposta. E Cinzia Vecchiato, erede del fratello Dante della Vecchiato Art Galleries, e il marito Roberto Canova, finiscono sul banco degli imputati con l’accusa di concorso nel reato di appropriazione indebita continuata e aggravata per aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità e, ancora, per aver commesso il fatto con abuso di relazioni domestiche e di prestazione d’opera. La vittima? Rabarama. Il pubblico ministero Sergio Dini ha citato i due direttamente a giudizio: il processo è fissato per il prossimo 15 febbraio davanti al tribunale di Padova. A difenderli, l’avvocato Matteo Conz, mentre Rabarama si costituirà parte civile tutelata dall’avvocato Ernesto De Toni. Secondo il capo d’imputazione Vecchiato e Canova, entrambi 50 anni con residenza a Vigodarzere, avrebbero sottratto a Rabarama 3.378.000 euro prodotti dalla sua attività artistica e commerciale, “pescati” nei conti correnti dell’artista che erano stati rimpinguati anche da mutui e finanziamenti concessi con facilità da istituti di credito di fronte alla sua crescente notorietà nel mercato dell’arte. Quei soldi sarebbero stati prelevati dalla coppia grazie a una delega firmata da Paola Epifani a operare sui propri conti. Soldi poi dirottati in altri depositi, a disposizione di marito e moglie, tra il 2009 e il 2013: i due si sono giustificati spiegando che il danaro era stato versato da Rabarama stessa per compare le sue opere concesse in esclusiva.

Dante Vecchiato, inventore e geniale anima della galleria, come pure compagno di vita di Rabarama, si era spento il 22 dicembre 2010 a soli 54 anni per una malattia. Fu lui a scoprire l’artista e a lanciarla nel mercato internazionale. Con la morte del fondatore, la galleria passa in eredità alla sorella Cinzia che, ben presto, entra in conflitto con l’artista in forza di un contratto di esclusiva firmato nel 2011 (e secondo Vecchiato valido fino al 2021). Un contratto destinato a riconoscere alla galleria l’esclusiva per vendere e autenticare le opere Rabarama. Il 23 giugno 2015 i due ottengono dal tribunale civile di Venezia un provvedimento che vieta a Rabarama la promozione e commercializzazione delle sue opere scultoree e pittoriche, in particolare la tiratura di alcuni prototipi: prevista una penale di tremila euro per ogni violazione. Di fronte al reclamo dell’artista, sempre assistita dal penalista De Toni, l’1 dicembre il tribunale veneziano revoca il provvedimento, valutando quanto emerso dalle indagini della Guardia di Finanza: pesanti violazioni della Galleria Vecchiato al contratto di esclusiva con Rabarama, che determinerebbero la risoluzione del contratto per inadempimento. Ecco che viene azzerato il divieto per Rabarama di commercializzare liberamente le proprie creazioni.

Cristina Genesin

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