Grazia al vigilante che sparò e uccise un ladro: partita la petizione

La richiesta lanciata online dal consigliere regionale della Lega, Giulio Centenaro: già raccolte 230 adesioni per Massimo Zen. Si attiva anche la Regione

Silvia Bergamin
Massimo Zen, ex guardia giurata di cittadella
Massimo Zen, ex guardia giurata di cittadella

Ha superato in poche ore le 230 firme la petizione online lanciata su change.org dal consigliere regionale della Lega Giulio Centenaro per chiedere la grazia a favore di Massimo Zen, l’ex guardia giurata di Cittadella condannata a 9 anni e 6 mesi per l’omicidio del giostraio Manuel Major, ucciso con un colpo di pistola durante una rapina a un bancomat a Vedelago nel 2017.

«Un uomo incarcerato per aver fatto il suo dovere», si legge nel testo della petizione dal titolo “Chiediamo la grazia per Massimo Zen”, dove Centenaro sostiene l’innocenza sostanziale dell’ex vigilante e definisce «sproporzionata» la pena inflittagli. «Un atto di giustizia dovrebbe tutelare i cittadini, non punirli quando agiscono per difendere il bene comune», scrive. E aggiunge: «La tua firma può fare la differenza».

Ma la richiesta di grazia per Zen non è nuova. Già l’anno scorso il suo avvocato, Alberto Berardi, aveva presentato un’istanza formale al Quirinale, corredata da documenti, testimonianze e relazioni. Una richiesta rimasta senza esito positivo: in estate, dal Colle era arrivata la comunicazione ufficiale con cui il presidente Sergio Mattarella faceva sapere di non aver ritenuto opportuno accogliere l’istanza. Una decisione che, secondo i sostenitori di Zen, ha lasciato spazio all’amarezza e al senso d’ingiustizia. Da qui, il rilancio della campagna: questa volta pubblica, visibile, accompagnata da un tam tam sui social che intende mobilitare l’opinione pubblica.

A rafforzare l’urgenza dell’appello, ci sono oggi anche le condizioni precarie per quanto riguarda la salute dentale dell’ex guardia giurata, detenuto a Verona da quasi due anni.

«Non ha più denti, mangia a fatica, ha impianti consunti che andrebbero rimossi e sostituiti. È una condizione indegna», denuncia Centenaro. E non è il solo a farsi portavoce di un grido d’allarme. Sua moglie, Franca Berto, ha scelto di esporsi sui social con una campagna provocatoria e dolente: si mostra senza sorriso, documenta il calvario quotidiano di chi, in carcere, vede negato il diritto a curarsi.

Anche l’assessore regionale alla sanità, Manuela Lanzarin, ha chiesto chiarimenti al dg dell’Usl Scaligera. Nonostante le relazioni mediche e i piani terapeutici stilati da specialisti esterni, nulla si è mosso. «Ci sono certificazioni che attestano l’impossibilità di eseguire l’intervento in carcere, ma tutto è fermo», denuncia Centenaro, che ha già inoltrato richiesta per visitare personalmente Zen.

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