Coppia a giudizio per aver circuito una ricca anziana

MEGLIADINO SAN VITALE. «La zia era diventata inavvicinabile. Rispondeva di rado al telefono e, quando si andava a trovare, era sempre presente la signora». La “signora” indicata dalla testimone che, ieri, è stata interrogata nel corso del processo davanti al giudice Elena Lazzarin, è Giovanna Guzzon, 67 anni residente a Montagnana in via Circonvallazione 181, di fatto domiciliata a San Pietro di Legnago nel Veronese. È accusata di truffa continuata e aggravata nei confronti di un’anziana novantenne, Ada Rinaldo, di Megliadino San Vitale che, lo scorso ottobre, aveva ricostruito in aula il triste e miserevole raggiro di cui è stata protagonista. E lo aveva fatto giusto in tempo prima di morire, il 31 dicembre 2014. L’accusa di truffa è condivisa da Guzzon con il marito Gianfranco Ferro, 71 anni, anche lui sul banco degli imputati (entrambi difesi dall’avvocato Gianluca Greggio). Pungolata dalle domande del pm Vartan Giacomelli, la nipote della signora Ada ha raccontato che «la zia appariva giù di morale... Era confusa... Non poteva disporre dei suoi soldi ma non era chiara sui motivi. Solo un giorno mi disse che questi signori (indicando gli imputati) le avevano portato via i soldi e la casa. “Guarda come mi hanno ridotto” s’era lamentata, appena finita in casa di riposo. E piangeva. “Ma perché non me lo hai detto prima” avevo chiesto. E lei “Non mi permettevano di usare il telefono, ero sempre controllata... E mi davano da bere delle cose...”.
È sul finire dell’estate 2011 che Giovanna Guzzon si presenta a casa di Ada Rinaldo, classe 1923: vedova e sola, ha da poco lasciato la Liguria, dove aveva trascorso una vita, per tornare nella casa natale a Megliadino in via Roma 12. Una casa vicina ai numerosi nipoti sui quali può contare. «Sono la moglie di Franco, tuo cugino» esordisce confusamente tra mille chiacchiere Giovanna Guzzon, invitandola a pranzo. Ada Rinaldo non ha la più pallida idea di chi sia quel parente ma, tra mille insistenze e tanta solitudine, decide di vestirsi (è in pigiama) e sale nell’auto dell’interlocutrice accettando l’invito. Da quel giorno non torna più a casa e va a vivere con la coppia e la loro figlia nella frazione di Legnago. Nel frattempo il 27 settembre firma una procura generale a favore della Guzzon davanti al notaio Claudio Berlini di Legnago, delegando alla donna qualsiasi atto di amministrazione sui suoi beni e conti a fronte dell’impegno di lei e del marito di “tutelare” la sua situazione personale e patrimoniale. Altro che tutela. In pochi mesi i conti della Rinaldo sono trasferiti da una banca a un’altra e poi vengono estinti con il passaggio del denaro (tramite bonifici oppure operazioni di homebanking) ai conti correnti della coppia: soldi spariti per un ammontare tra i 250 e i 300 mila euro. Non basta: il 7 dicembre 2011 la novantenne firma un atto di donazione della sua abitazione a favore dei coniugi, mentre sparisce la sua macchina (un’Alfa 145) e un garage di proprietà in Liguria viene venduto per 60 mila euro (i soldi sono ingoiati dai conti della coppia).
Nella primavera 2012 un incidente in casa provoca la frattura di un femore e Ada Rinaldo è ricoverata in ospedale: è qui che comprende tutto, si rende conto della truffa e il 17 maggio firma una querela contro i due coniugi. Ormai non ha più nulla tanto che, appena viene dimessa, sarà costretta a vivere in una casa di riposo. I nipoti ed eredi stanno continuando la sua battaglia in aula (accanto a lei quando era in vita) e si sono costituiti parte civile tutelati dall’avvocato Giovanni Daniele Toffanin del foro di Rovigo: il legale ha ottenuto il sequestro dei beni immobili della coppia (la casa e il garage) per un valore di mezzo milione di euro. Si tornerà in aula per la discussione finale e la sentenza il prossimo 6 marzo.
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