Così la classe sociale distrugge una grande passione tra donne

Lasciate perdere i racconti di chi dirà che “La vita di Adele” di Abdellatif Kechiche è un film imbarazzante per le esplicite scene di amore saffico tra le protagoniste, così reali da suscitare i brontolii delle attrici all’indomani del vittorioso festival di Cannes 2013, dove ha riportato la palma d’oro. Siamo di fronte a un grande film - quasi il massimo delle stelline - in cui il regista sviscera una profonda passione amorosa – e non è solo così perché omosessuale – tra due ragazze diverse per età, estrazione sociale e ideali di vita. Un sentimento dilaniante evocato sin dall’inizio dalla lettura in classe di un romanzo di Pierre de Marivaux, “La vita di Marianna”: come nel libro siamo di fronte a una vita bulimica, golosa, da parte della protagonista, Adele, che non sapendo cosa scegliere cerca, prova tutto. Finendo nella rete di una ragazza, Emma, più adulta e soprattutto molto più determinata di lei. Studentessa di Belle Arti e pittrice, estrazione borghese (a casa sua si mangiano ostriche e crostacei e si beve bianco d’annata, a casa di Adele spaghetti alla bolognese; da Emma non si ignora la relazione tra le ragazze come invece nell’altra famiglia), Emma costituisce l’universo assoluto di Adele, che invece ripone la propria massima aspirazione nel riuscire a diventare maestra. Facile immaginare come finisca e chi, tra le due, resti sola. E al di là della vicenda sentimentale, occorre dire che la sconfitta di Adele è, per Kechiche, di classe prima che di vita: per chi si pone obiettivi piccolo-medio borghesi, non restano che soluzioni limitate, senza grande respiro, cui invece può aspirare chi punta in alto, magari accettando qualche compromesso. Al di là di qualche insistenza eccessiva negli inserti erotico-narrativi e nelle citazioni del gay-pride, “La vita di Adele” ha una profonda consistenza e una regia rara. La macchina da presa per tutto il film è puntata su primi piani delle ragazze e dei protagonisti, ne mette a nudo ogni espressione, lacrima, particolare. Lo schermo dà spazio a fruscii, stormire di fronde, respiri, sogni, orgasmi. Le inquadrature non sono solo esplicite sessualmente, ma anche dal punto di vista narrativo: la descrizione della vita di scuola è ancora una volta per un regista francese tanto immediata quanto genuina. I dialoghi secchi, quasi afasici, non affastellano inutilmente un film di tre ore in cui le due attrici Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux tengono la scena da veterane: un grande film in cui ci sono anche delle potenti scene di amore lesbico.
Durata: 179’ - Voto: ****
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