Crac della Tpa Trituratori chiesti 10 anni per Caccaro

SANTA GIUSTINA IN COLLE. Una bancarotta milionaria. E il marchio di “Gomorra” con l’ingombrante presenza di “don” Cipriano Chianese, avvocato campano considerato il re delle ecomafie e l’ideatore di molti traffici nel settore dello smaltimento dei rifiuti legati ai casalesi. Durissima la requisitoria del pm padovano Roberto D’angelo nel processo sul crac di Tpa Trituratori spa di Santa Giustina in Colle, produttrice d'impianti per la triturazione dei rifiuti. Pm che ha chiesto la condanna a 10 anni di carcere per l’imprenditore Franco Caccaro, 54 anni di Santa Giustina, già amministratore delegato dell’azienda dal 2001 al 2009, anno che segna il fallimento tra una voragine di debiti (20 milioni) e una marea di lavoratori rimasti disoccupati (65 persone), e a 5 anni per Chianese; nessuna responsabilità penale per Luca Saviolo, 49 anni di Padova, ex dipendente. Per quanto riguarda la posizione della quarta imputata, Nicoletta Zuanon, 51 anni, moglie di Caccaro, sollecitato il non luogo a procedere “per intervenuta morte del reo”: la signora è deceduta lo scorso marzo, a 51 anni, a causa di una malattia. Conclusioni pesanti contestate dai difensori, tra cui l’avvocato Diego Bonavina jr, legale di Caccaro, deciso a sollecitare la piena assoluzione visto che i fatti contestati risulterebbero diversi da quelli emersi nel processo.
Il pm e le accuse. Il 29 giugno 2012 erano scattate le manette per i coniugi Caccaro accusati di concorso in bancarotta fraudolenta aggravata per 5.831.502 euro (tra il 2001 e il 2009 avrebbero distratto soldi e beni dall’azienda), falso in bilancio per una serie di operazioni fittizie architettate come vendite di fatto mai avvenute, dichiarazione fraudolenta per aver evaso l'Iva ed emissione di fatture per operazioni inesistenti per 9 milioni e 732 mila euro; infine (Caccaro) ricettazione (di 1857 paia di occhiali firmati) e (in concorso con Saviolo) furto di un macchinario. Solo Caccaro con Chianese devono rispondere di bancarotta per 3 milioni di euro che – è l’accusa – sarebbero serviti a ricapitalizzare la società con l’obiettivo di avere mano libera nella mala gestione.
La difesa. L’avvocato Bonavina ha fornito una spiegazione per ogni bancarotta contestata: in un paio di casi non esisterebbe; in altri il presunto bene oggetto bancarotta è stato ritrovato o, ancora, si tratterebbe di un finanziamento recuperato da Caccaro legittimamente. Il legale ha reclamato l’assoluzione per i reati prescritti (falso in bilancio ed evasione). E il ruolo di Chianese? Quest'ultimo aveva concesso un prestito di 3 milioni a Caccaro per risollevare la società dopo l’addio di due ex soci. Soci che – è emerso nel processo – erano stati denunciati per concorrenza sleale in seguito alla creazione di una società simile. Società che nel primo anno di attività avrebbe “rubato” una valanga di clienti a Tpa e fatturato 14 milioni di euro. Repliche e sentenza il 4 luglio.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova