Prezzo del latte in caduta libera, investimenti a rischio: allarme degli allevatori padovani
Dopo gli investimenti, crescono i timori: «Margini ridotti ogni mese». L’appello degli allevatori: «Scegliete prodotti locali, c’è fatica dietro il nostro lavoro»

Da un periodo in cui sembrava esserci finalmente un po’ di ottimismo, oggi gli allevatori si ritrovano di nuovo a fare i conti con un mercato che sta franando sotto ai loro piedi. Lo sa bene Roberto Tognato, titolare della società agricola Rendena San Michele di Gazzo.
Nella sua azienda si respira innovazione: sette anni fa ha investito due milioni e mezzo di euro per trasformare la stalla in un modello ipertecnologico, puntando tutto su benessere animale, risparmio energetico e qualità del latte. Un progetto importantissimo per guardare al futuro. Oggi, però, quello stesso futuro torna a far paura.
«Non nascondo la mia preoccupazione», spiega, «perché venivamo da un periodo in cui si vedeva una buona redditività, che dava speranza e voglia di investire. È chiaro che un tonfo così toglie ottimismo, fiducia e prospettive. Quando il prezzo del latte scende così tanto, tutto diventa più difficile». Costi di gestione alti, rate dei mutui per gli ammodernamenti e margini che si riducono ogni mese mettono in crisi aziende che hanno sempre lavorato puntando sulla qualità.
Accanto agli allevatori, Confagricoltura sta chiedendo interventi tempestivi e mirati: evitare il superamento delle produzioni del 2025 da parte delle stalle e, allo stesso tempo, tutelare pienamente gli allevatori, perché il calo dei prezzi non può essere scaricato sulle aziende.
Le proposte includono aiuti al contenimento dei costi energetici, distribuzione ai più bisognosi dei prodotti lattiero-caseari in eccedenza, campagne pubblicitarie per rilanciare i consumi di latte e derivati, e soprattutto la valorizzazione della filiera nazionale, con particolare attenzione ai formaggi dop e ai prodotti di qualità.
Un fronte su cui concorda anche Michela Magnasame, che conduce con la sorella un caseificio familiare a Piove di Sacco. Per loro, la crisi del latte è visibile ogni giorno, nel rapporto diretto con i consumatori: «La produzione locale, in momenti difficili come questo, va sostenuta», afferma. «Proprio in questi giorni abbiamo lanciato un appello ai nostri clienti, anche sui social, affinché acquistino i nostri latticini e le nostre specialità. Molti non sanno quanta fatica c’è dietro il nostro lavoro: sveglie all’alba, animali da seguire, costi sempre più alti. Vorremmo sensibilizzare tutti a scegliere prodotti del territorio, soprattutto ora che si avvicina il Natale, anziché quelli industriali. Ne guadagnano il gusto, la salute, e anche l’economia della nostra provincia».
A temere fortemente per il domani è anche Giancarlo Zanon, allevatore di Cittadella: «La situazione, già molto incerta, potrebbe aggravarsi ulteriormente», sottolinea, «perché tra marzo e aprile arriveremo ai picchi di produzione. E se i prezzi restano questi, molte aziende rischiano il tracollo».
Secondo Zanon, si salveranno soprattutto le cooperative, capaci di assorbire meglio le oscillazioni del mercato, e quelle realtà che destinano il latte a filiere di qualità, come i formaggi tipici o le produzioni certificate. Il vero problema riguarda quelle stalle medio-piccole, spesso senza ricambio generazionale: «Senza prezzi adeguati e prospettive reali, molte potrebbero chiudere. E sarebbe una perdita enorme per tutto il territorio: sparirebbe un pezzo della nostra storia, della nostra tradizione e del nostro paesaggio rurale. Uno scenario che nessuno di noi si augura». —
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