Da Padova a Los Angeles: "Così cambio la musica pop"

Michele Canova Iorfida, 45 anni, è il numero uno dei produttori artistici italiani. «Il segreto del successo è sentirsi sempre un bambino che scopre la vita»
Michele Canova Iorfida
Michele Canova Iorfida

PADOVA. Ha 45 anni, vive da più di cinque anni a Los Angeles con la sua compagna e il loro bambino. E negli Stati Uniti ha messo in piedi uno studio di registrazione d’eccellenza da dove produce e realizza la migliore musica italiana.

Si chiama Michele Canova Iorfida, padovano di Sarmeola, liceale al Tito Livio, musicalmente cresciuto nei club della città e poi in uno studio di registrazione alla Stanga dove ha creato, tra il 1999 e il 2000, il fenomeno Tiziano Ferro.

Da quel momento un crescendo di successi che non ha eguali nella storia musicale italiana. Michele Canova Iorfida si è trasferito prima qualche anno a Milano, poi definitivamente a Los Angeles. E ha prodotto un successo dopo l’altro: oltre a Tiziano Ferro, Jovanotti, Biagio Antonacci, Luca Carboni, Marco Mengoni, Giorgia, Alessandra Amoroso, Adriano Celentano, Fabri Fibra, Francesca Michielin fino al più recente vincitore di Sanremo Giovani, Lele.

Michele Canova e Giorgia
Michele Canova e Giorgia

E sempre mettendo il cappello del proprio stile: suoni d’avanguardia, voce curatissima, studio del prodotto artistico entrando personalmente nella scelta della sua filosofia. Un produttore artistico all’americana, e di fatto unico nel panorama italiano. Ecco la nostra intervista.

Michele Canova, sei tornato in Italia l’ultima volta per seguire da vicino il festival di Sanremo e incontrare molti artisti italiani. Puoi anticiparci qualche lavoro su cui sei impegnato in questo periodo?

«Sì, sono tornato in Italia per una decina di giorni per incontrare alcuni manager e i loro artisti. Nel frattempo ho cominciato a lavorare al nuovo disco di Luca Carboni con cui è nata una bella amicizia e a quello di Francesca Michielin, una giovane artista veneta come me e nella quale ho grandissima fiducia».

Vivi ormai da molti anni a Los Angeles e hai prodotto una serie invidiabile di album di successo italiani. In che modo riesci a mediare l'aria musicale che respiri negli Usa con il sound italiano? In cosa ti fai condizionare di più?

«La musica pop, grazie a Spotify e a YouTube, è sempre più globalizzata. I gusti degli ascoltatori in tutto il mondo tendono quindi ad assomigliarsi. Oltre a questo, vivendo qui a Los Angeles, ascoltando sempre la radio americana, guardando la televisione assorbo musica e stimoli che, anche inconsciamente, penso di riportare poi nel mio modo di vestire le canzoni».

Tu potresti essere definito come uno dei classici "cervelli in fuga": ad un giovane che vuole emergere nella musica e nell'arte in genere, consiglieresti di lasciare il nostro Paese?

«Ma no, non mi considero un "cervello in fuga". Io non sono fuggito dall’Italia perchè non trovavo spazio, anzi, dall'Italia ho avuto tutto: il successo e tante soddisfazioni personali. Considero il mio trasferimento in Usa come un proseguimento della mia avventura professionale. Ho sempre pensato che la musica debba essere principalmente "sorpresa","rischio" e che io dovessi approcciarla come un dodicenne che scopre il primo sintetizzatore... Lavorare qui a Los Angeles mi sta riportando ai miei inizi, dover imparare di nuovo la "forma canzone", confrontarsi con i discografici, connettersi con musicisti. E’ un luogo incredibilmente stimolante».

Padova è la città in cui sei nato, dove hai studiato, e dove sei cresciuto professionalmente. Cosa ti manca oggi della nostra città?

«Beh, mi manca tutto di Padova. Mi manca mia madre, il Prato della Valle, le cupole del Santo, l’aperitivo al Pedrocchi, lo struscio sul Liston, i pranzi domenicali sui colli Euganei e poi i miei amici storici: Massimiliano e Valerio».

Il tuo modo di produrre un artista è innovativo perchè prima di realizzarne il vestito sonoro cerchi di cogliere la vera essenza del suo potenziale comunicativo. Cosa deve colpirti subito in un nuovo progetto che ti viene proposto?

«Soprattutto le canzoni. E come le canzoni si sposano con l'artista. In particolar modo mi colpisce quando un giovane artista riesce a trovare un nuovo "linguaggio" nella sua canzone. Quando riesce a comunicare un concetto in maniera nuova e sorprendente. Allora diventa uno stimolo nuovo anche per me e riesco ad esprimermi al meglio».

Come vedi l'Italia di oggi dagli Stati Uniti e come vedono gli americani un italiano come te che vive lì?

«L’Italia vista dagli Stati Uniti la vedo attraverso gli occhi dei miei colleghi di lavoro italiani e degli artisti che produco, perciò non è molto diversa da com’era fino al 2012 quando ci vivevo».

Raccontaci qualche aneddoto curioso riguardo il tuo lavoro musicale con artisti italiani che sono venuti a registrare da te...

«Beh, un aneddoto curioso c’è, e riguarda Tiziano Ferro, l’artista con cui lavoro da molti anni. Dopo aver registrato con Tiziano diversi dischi a Los Angeles, sono finalmente riuscito a convincerlo che Los Angeles era un bel posto per vivere, e l’anno scorso ha finalmente affittato una casa qui anche lui».

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