Dai 2000 computer dimenticati un museo didattico per bimbi

I ”reperti” della collezione Piva emersi all’ex macello in seguito allo sgombero  Dopo vent’anni nel dimenticatoio, i macchinari verranno restaurati dai volontari



Una collezione di oltre duemila computer, dai primi modelli di personal computer, a macchine a valvole, bobine e schede perforate, recuperati nell’ex macello di via Cornaro – per anni sede della Clac, fino allo sgombero di gennaio – e destinati a diventare parte di un’esposizione museale. È il progetto per la collezione di Francesco Piva, fondatore della Comunità per le libere attività culturali dell’ex macello, che nel corso degli anni Novanta iniziò a raccogliere quelli che oggi possiamo considerare veri e propri reperti storici, fino a creare un’impressionante raccolta che ora vede la luce dopo 20 anni di abbandono.



Ora i macchinari – tra cui spicca il primo computer mai realizzato a Padova, nel 1954, al quale lavorò lo stesso Piva – verranno restaurati da un gruppo di volontari per creare uno spazio destinato alla divulgazione scientifica per bambini, come nell’idea originale di Piva: a fine anni Novanta era già stato realizzato un piccolo museo, visitato da scolaresche e studiosi, ma il progetto durò poco e i computer finirono abbandonati. «Abbiamo recuperato una quantità enorme di reperti che sono a tutti gli effetti dei beni culturali», spiega l’assessore alla cultura Andrea Colasio. «Nell’ultimo quarto di secolo la raccolta è stata abbandonata e, complici le condizioni dell’ex macello, il deperimento dei computer è stato elevato, a causa dell’umidità e delle infiltrazioni dal tetto in Sala Bovini». Molti macchinari sono già stati messi in sicurezza, sistemando quelli più ingombranti all’interno di container, e creando uno spazio sicuro in Sala Suini. Altri, posti in diverse zone dell’edificio, devono ancora essere trasferiti.



Il prossimo step sarà l’allestimento di un’area adibita al restauro dei computer. «Si tratta di beni meritevoli di tutela, valorizzazione e fruizione», prosegue Colasio, «andremo a restaurare quello che riusciremo e, grazie al salvataggio dei manuali d’uso, faremo di tutto per rimettere in funzione quanti più computer possibile. L’idea è, rispettando la volontà di Piva, utilizzare almeno in parte i luoghi dell’ex macello, adeguatamente ristrutturati, per creare uno spazio museale di didattica per bambini».

L’area è stata messa in sicurezza, per permettere il recupero dei macchinari. «Da qui inizia un percorso per una collezione dal valore inestimabile, e sarà mia cura creare un gruppo di lavoro per la riqualificazione. Voglio ringraziare Silvia Basaldella, che negli anni ’90 assieme a Piva aveva curato la prima versione del Museo dell’informatica alla Clac, e che ci sta fornendo un aiuto importante sia per la messa in sicurezza dei reperti, sia per la loro catalogazione. Un grazie anche ai molti volontari che sono venuti a darci una mano e a quelli che si occuperanno del restauro. Dobbiamo pensare in grande per offrire alla città una grande collezione di storia della tecnologia». —



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