Defunti sulla pelle È tatuaggio-boom

Dai nonni mai dimenticati, al figlio stroncato dopo la nascita Dolori e ricordi impressi sul corpo: ecco come nascono
Di Enrico Ferro

I brividi sulla pelle, per sempre. I volti dei propri cari, dei nonni defunti, di un bambino morto troppo presto, di un cane ucciso. Viene definito “tatuaggio celebrativo” e indica la tendenza a incidere sulle parti del corpo i volti o i nomi di chi non c’è più.

Così un ragazzo di 30 anni di Saonara due mesi fa si è rivolto a Paolo Buongiovanni, 43 anni, tatuatore padovano in arte “Bongio”, chiedendo un tatuaggio grande come tutta la schiena con i due nonni defunti. «Non li ho mai conosciuti, per la mia famiglia sono stati molto importanti, voglio portarli sempre con me». Da quella richiesta, da due foto d’epoca, da un’idea generale di paradiso con gli angeli e lucchetto per aprire i cancelli del cuore, è nato il tatuaggio immortalato nella foto al centro della pagina. Jacopo, così si chiama il trentenne di Saonara, ci ha pensato a lungo e poi si è deciso: «Ho perso mio nonno quando avevo 3 mesi e mia nonna quando avevo 6 anni. Hanno fatto molto per la mia famiglia e non mi sono mai rassegnato al fatto di averli persi così, senza poter fare nulla, senza conoscerli meglio. Ora con questo tatuaggio mi sembra di averli accanto in ogni momento».

Ma le storie sono moltissime. C’è anche la giovane famiglia che ha già dovuto dire addio a due bambini dopo pochi mesi di vita. Il papà si è rivolto a “Bongio” e gli ha chiesto di disegnare una famiglia di leoni (padre, madre e leoncino) che guarda due stelle in cielo (i figlioletti morti). Sentimenti, dolori, simbolismo.

C’è anche chi piange un cane pit-bull ucciso a bastonate dal vicino e che per questo decide di incidere il muso sulla coscia. Passato, presente e futuro: in una spalla i volti dei figli in fasce, nell’altra il ritratto del papà che non c’è più con la divisa da militare.

O la mamma ritratta in una foto anni ’50, quand’era giovane e bella. Il papà ai tempi del servizio militare negli alpini. Piccole opere d’arte individuali, l’amore che si mescola al sangue e all’inchiostro, un modo per cercare di metabolizzare una perdita, per renderla meno dolorosa, per fissare un momento in modo indelebile.

Siamo oltre le foto e anche oltre il necrologio. Sembra più un rito tribale, che però in questi ultimi anni sta prendendo sempre più piede. Sono calati a vista d’occhio stelline, cavallucci marini e draghi e hanno preso piede i ricordi. Ora la differenza la fa il tatuatore e non tutti accettano l’impresa. C’è anche chi, di fronte alla foto di un defunto, ringrazia il cliente e rifiuta. L’errore non è ammesso. Con i sentimenti non si scherza.

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