Dopo Caporetto arrivano i profughi Dopo l’8 settembre la furia delle SS

GLI ULTIMI SECOLIPassato sotto il Lombardo-Veneto dopo la breve parentesi napoleonica, l’intero territorio beneficia di una serie di opere pubbliche soprattutto a livello di viabilità: all’epoca ci...
Megliadino S. Fidenzio (PD), 21 agosto 2018 Vedute di Megliadino S. Fidenzio per reportage di Jori ph. Zangirolami Nella foto: il monumento che ricorda l'eccidio nazista in localita Botta.
Megliadino S. Fidenzio (PD), 21 agosto 2018 Vedute di Megliadino S. Fidenzio per reportage di Jori ph. Zangirolami Nella foto: il monumento che ricorda l'eccidio nazista in localita Botta.

GLI ULTIMI SECOLI

Passato sotto il Lombardo-Veneto dopo la breve parentesi napoleonica, l’intero territorio beneficia di una serie di opere pubbliche soprattutto a livello di viabilità: all’epoca ci sono undici chilometri di strada rotabile, che possono sembrare pochi ma non lo sono affatto, se solo si pensa che fino ad allora le stesse famiglie nobili con proprietà in zona (i Pisani, i Fava e i Dondi dall’Orologio) erano costrette a lasciare le carrozze con cavalli a Saletto e a raggiungere le loro residenze campestri, con i relativi bagagli, su carri trainati da buoi, i soli mezzi in grado di percorrere quelle vie.

Tragica si rivela la stagione della Grande Guerra, specie dopo Caporetto, quando in zona si riversano carovane di profughi, accolte peraltro fraternamente dalla popolazione. E carico di tensioni si presenta il primo dopoguerra, con gli scontri tra popolari e socialisti da una parte, squadre fasciste dall’altra.

Durante il ventennio, diverse famiglie di Megliadino San Fidenzio lasciano il paese per trasferirsi nell’agro pontino, con la promessa di trovarvi casa e lavoro. Nel 1936 viene costruita la casa del fascio, oggi sede del municipio (anche se ormai non più utilizzato dopo la nascita di Borgo Veneto e la migrazione a Saletto della sede municipale).

Sono di nuovo giorni tragici per il paese, durante la seconda guerra mondiale, specie dopo l’8 settembre. Le SS tedesche agli ordini del capitano Lembke rastrellano la zona, sospettando che alcune famiglie diano asilo a ex prigionieri inglesi e neozelandesi sbandati dopo l’armistizio; sei giovani partigiani vengono fucilati di notte in località Botta di San Vitale; altri vengono spediti nei campi di prigionia in Germania.

E il 28 aprile 1945, proprio mentre si stanno ritirando, i tedeschi ammazzano due partigiani, Lino Bianchin e Pasquale Longo.

Nell’immediato dopoguerra la povertà alimenta l’emigrazione, ma poi anche qui arriva il boom del Nordest, specie nei settori del tessile e del legno. E si chiude la lunghissima stagione della sofferenza. —

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