Droga a Padova, filo spinato anti-spaccio per proteggere la chiesa

I parrocchiani di San Gregorio Barbarigo e il comitato "Arcella: un quartiere, una città" hanno speso 400 euro. L'obiettivo è tenere lontani i pusher che usano il giardino della canonica per nascondere e vendere la droga e per bivaccare. Il prossimo intervento sarà un nuovo cancello
Un parrocchiano accanto al filo spinato
Un parrocchiano accanto al filo spinato
PADOVA. Quattrocento euro per blindare il retro della della chiesa di San Gregorio Barbarigo, in via Berti. E questo il contributo su base volontaria sborsato dal comitato «Arcella: un quartiere, una città», formato per lo più da residenti, per difendere la parrocchia dagli spacciatori. Un altro muro, dunque, si erge a Padova contro il degrado, un muro simbolico lungo 25 metri.


Da poco meno di una settimana, infatti, una doppia fila di filo spinato protegge un fazzoletto di terra, un giardino con alcuni alberi, diventato da tempo non soltanto un rifugio per i tossicodipendenti, ma anche un buon nascondiglio per la «roba» degli spacciatori che avvelenano il quartiere San Carlo. Da qui la decisione dei parrocchiani di mettere un freno al via vai, ergendo una barriera che impedisca agli estranei di scavalcare la rete.


Il sistema di protezione del retro della chiesa di San Gregorio Barbarigo di via Valmarana è ancora incompleto: il cancello (che, come detto, dà su via Berti, stradina pedonale e ciclabile che collega via Valamarana con via Callegari) è ancora vulnerabile. Ma i membri del comitato - agiscono con il benestare del parroco don Mario Salmaso - dicono che a breve non sarà più valicabile nemmeno il cancello.


E' Orazio Marcon, uno dei parrocchiani che ha contribuito alla blindatura del retro della chiesa, a spiegare le motivazioni che hanno spinto il comitato a finanziare l'opera in filo spinato. «Il cortile dietro la canonica, sino a poche settimane fa, era un letamaio - racconta - Alla mattina presto sia il parroco, che i suoi collaboratori, sempre più spesso, trovavano per terra siringhe, preservativi, resti di vomito o di bivacchi notturni. E nonostante l'Aps abbia potenziato l'illuminazione pubblica su via Berti e su via Valmarana, gli spazi dietro la chiesa erano comunque diventati un "territorio" sotto il controllo degli spacciatori tunisini, tra cui tanti minorenni. Ma si potevano trovare anche tossicodipendenti e balordi vari. E purtroppo, nei mesi più caldi della scorsa estate, gli angoli più nascosti del cortile, oggi blindato, erano diventati anche un'alcova, dove i giovani magrebini si appartavano con le ragazze italiane che si concedevano in cambio di spinelli o di una sniffata di cocaina. Insomma il filo spinato si è reso necessario per eliminare, speriamo una volta per sempre, il pesante degrado che si era creato in tutta l'area retrostante della parrocchia».


Ancora più duro, dal punto di vista sociale, il commento di Ivone Pizzinato, ex dipendente dell'azienda argentiera Zaramella e oggi volontario della parrocchia di San Gregorio Barbarigo. «Quando si registrano certi fenomeni legati al degrado si capisce com'è cambiata Padova e com'è cambiata l'Arcella rispetto ai tempi in cui anche in questa zona c'erano anche tante fabbriche (Sangati, Golfetto, Guttalin, Saimp
ndr
) - osserva l'ex operaio - Non c'erano certo tutti gli immigrati di adesso e noi residenti potevamo lasciare anche le porte delle nostre abitazioni aperte. Oggi è tutto cambiato. Alla sera nessun anziano mette la testa fuori casa. Spesso vengo in parrocchia per dare una mano. Nel cortile vicino via Berti ho sempre trovato di tutto. Una volta ho rinvenuto anche uno zainetto pieno di vestiti. La nuova ondata d'immigrati mi spaventa. Purtroppo, se non si cambia politica, Padova non sarà mai più quella di una volta».


Molti sperano, ora, che il «muro» da solo basti a scoraggiare spacciatori e balordi.

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