Droga nel passeggino: cinque anni alla mamma spacciatrice

PADOVA. Per non dare nell’occhio la droga era nascosta nel passeggino della figlia neonata. Evidentemente aveva ipotizzato che le forze dell’ordine ci avrebbero pensato due volte prima di mettersi a perquisire tra gli effetti del bebè. Ma non è andata così e Anca Malina Tarus, 25 anni, romena, è stata condannata a 5 anni e 7 mesi di reclusione e 23 mila euro di multa dal collegio composto da Nicoletta Stefanutti, Elena Lazzarin e Laura Alcaro.
Una pena che arriva in continuazione con quella del 16 gennaio scorso. Le indagini svolte dai carabinieri della stazione di Vigodarzere avevano portato alla scoperta di un terzetto dedito allo spaccio.
Oltre alla donna, difesa dall’avvocato Luca Motta, il marito e un amico: Hamdi Nahali (assistito dall’avvocato Leonardo Arnau), 31 anni e Haitem Aouadi (pure lui difeso da Motta), 20 anni, che sono stati ammessi al rito abbreviato il prossimo 10 gennaio.
La Tarus era accusata, in concorso con gli altri due imputati, di aver detenuto e spacciato in diverse occasioni, eroina, cocaina e hashish, rifornendo in modo continuativo sette clienti, ricevendo per volta un compenso variabile tra 20 e i 50 euro.
Il pubblico ministero Benedetto Roberti le contestava di aver continuato l’attività di spaccio del marito dopo il suo arresto, sfruttando la presenza della figlia in tenera età e per l’appunto del passeggino dove veniva occultato lo stupefacente.
I fatti vengono contestati nel 2014 e nel 2015. Tra le prove in mano ai carabinieri i tabulati telefonici che indicano le numerose telefonate fra i tre soggetti e i numerosi acquirenti. Sono gli stessi acquirenti ad inchiodare alle loro responsabilità il terzetto. Sono loro a dire che la Tarus, spesso presente alle consegne di stupefacente assieme al marito, prendeva la droga dal passeggino dove era seduta la figlia infante per sviare i sospetti.
È lei che risponde alle telefonate dei clienti e accompagna il compagno Nahali alle varie consegne. Quando raccoglie il testimone dal compagno finito in manette rifornisce direttamente la clientela o in un caso accompagna gli acquirenti da altri spacciatori.
Il collegio giudicante ha valutato che lo spaccio fosse sì quasi sempre contenuto nelle dosi, ma costante e organizzato e quindi non si potesse ravvisare l’ipotesi di una lieve entità ma bensì di uno spaccio articolato (un cliente ha ammesso che qualche volte acquistava anche 10 grammi di eroina).
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