Due morti da amianto: Valbruna a processo

il “re” dell’acciaio Nicola Amenduni e la moglie sono accusati di omicidio colposo

PIOVE DI SACCO. È considerato l’aristocrazia della siderurgia italiana, artefice di un colosso nel comparto degli acciai tanto solido (più di 2.500 dipendenti nel mondo e ricavi annui di oltre miliardo) quanto riservato e allergico ai “riflettori”. Eppure sotto i riflettori ci è finito in un’aula di giustizia l’ingegnere Nicola Amenduni, 95 anni, con la moglie Maria Gresele, 88 – entrambi residenti a Vicenza, titolari dello stabilimento che, fino a diversi anni fa, era operativo a Piove – in seguito alla morte di due operai uccisi dai tipici tumori di chi lavora a contatto con l’amianto. Ieri prima udienza del processo davanti al giudice Nicoletta De Nardus, chiamata a giudicare la coppia – titolare delle Acciaieria Valbruna Gresele spa dal 1973 al 1980, poi Acciaierie Valbruna Spa dal 1980 al 1993 – accusata di cooperazione in omicidio colposo anche per non aver rispettato le cautele in materia di sicurezza nell’ambiente di lavoro. Netta l’opposizione della difesa (l’avvocato Tomaso Pisapia di Milano) alle costituzioni di parte civile, ma il giudice ha ammesso tutte le richieste. In prima fila i familiari delle vittime, Eugenio Callegaro di Correzzola morto l’11 febbraio 2008, che aveva lavorato per le acciaierie dal 9 gennaio 1973 al 23 settembre 1994 in qualità di addetto alla manutenzione dei forni, scoprendo una neoplasia polmonare all'età della pensione, e Roberto Benvegnù di Piove, colpito da un mesotelioma maligno e deceduto il 4 ottobre 2011. La famiglia Callegaro è tutelata dall’avvocato Lucia Rupolo, mentre la famiglia Benvegnù è assistita dal legale Emanuele Carniello. Ammesse altre due parti civili, l’Aiea (Associazione esposti amianto) con l’avvocato Edoardo Bortolotto, e Medicina Democratica con l’avvocato Laura Mara. L’11 febbraio si riprende cominciando a entrare nel vivo del processo.

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