Due schiaffi alle terme la crisi c’è e ora si vede

La chiusura dello Speak Easy e del Par Hasard ha fatto scattare l’allarme Tra luogo di cure e città dei divertimenti Abano cerca una nuova identità
Di Cristiano Cadoni

ABANO TERME. Sedie e sgabelli sono impilati con ordine dietro le vetrate imponenti dello Speak Easy. I divani, all’esterno, sembrano pronti per un trasloco che non ci sarà. L’ex Colony Club - ritrovo storico della Padova bene e dei turisti da Grand Hotel, il bar della colazione di Nereo Rocco - appena chiuso aspetta già l’ennesima rinascita. In piazza Repubblica fiori abbelliscono aiuole, sassi ordinati ornano fontane, turisti un po’ in là con gli anni scivolano lenti verso l’isola pedonale. È alta stagione, anche se non si vede. Dietro l’angolo, in via Vespucci, le serrande chiuse battono quelle aperte. Vetri puliti, locali imbiancati da poco. Però chiusi.

Composta, senza clamori, forse anche con un po’ di incoscienza, Abano - e la sua area termale, fino a Montegrotto e ai Colli - si lascia ingoiare dalla crisi. Non c’è precipizio. È una discesa lenta ma inesorabile su un piano inclinato. Dopo la sbronza della Notte Rosa di un mese fa - il classico bagno di folla - due schiaffi hanno svegliato tutti. Prima ha chiuso il Par Hasard, la mecca del divertimento, più per i padovani che per i turisti a dirla tutta. Poi è caduto sul campo lo Speak Easy, che non è proprio la pizzeria all’angolo. Improvvisamente il rosa ha lasciato posto a un presente grigio. E a un futuro nero. Più che di numeri è una questione di stati d’animo. Ha a che fare con il sentirsi vecchi, forse inadeguati.

Una barista di quelle che resiste racconta di turisti che prendono un caffè lungo in due, e se lo dividono. Dagli alberghi, in confidenza, filtrano racconti di coppie in vacanza con un solo pacchetto di mezza pensione: a cena dividono il pasto per risparmiare. Le cure termali sono per pochi, ormai. Di soldi ne girano pochi. Infatti su internet è tutta un’offerta e perfino il Ritz si propone su Groupon: notte, cena e colazione più Spa per due persone a 203 euro.

I turisti sono quelli che si vedono in giro. Pochi. A metà mattina, in alta stagione, l’isola pedonale è semideserta e nel parco urbano termale ci si potrebbe giocare a calcio. I cinquantenni tedeschi che decretarono la ricchezza di questi posti oggi di anni ne hanno settanta. Alcuni tornano, molti no. Gli italiani hanno accorciato la settimana al punto che oggi resta quasi solo il weekend. La loro vacanza media dura tre giorni. Il Consorzio Terme Euganee va a caccia di turisti nelle nuove frontiere, soprattutto la Cina. Ma alle spalle ha lasciato aperte le vecchie. E i clienti scappano, perché la concorrenza aumenta. I numeri confermano l’emorragia, a volte grave, altre un po’ meno .

È un modello in crisi, un sistema che non funziona più. Abano non è più convinta di poter essere l’oasi di pace e benessere che fu. Non tira più neanche come centro congressi. E però non riesce neppure a diventare un’altra Jesolo. «Mi sono trovato con le case e un monastero intorno, la convivenza non era più possibile», racconta Paolo Norido, che ha dovuto chiudere la discoteca Par Hasard un po’ per la crisi e un po’ perché con i vicini era una guerra continua. La chiusura ha fatto scalpore, perché in quel locale, l’ex Fonte di San Daniele, ci hanno cantato anche Mina e Bob Sinclair. Poi anche lo scalpore è passato. Ci si sorprende per poche ore. Era già successo quando i cinesi si erano comprati l’American Bar. E prima ancora con il Don Pablo sulla strada per Torreglia e con la Villa Bianca. E sono recenti anche le chiusure della pizzeria Quinto Elemento e della Cova. Il requiem suona una volta alla settimana anche per i negozi, piegati da affitti insostenibili e dalla stagione sempre più corta. Chi lavora - male - per otto mesi all’anno non può pagare tremila euro al mese. Quindi si arrende. Succede anche per le case. Metà degli attici con vista sul parco termale sono vuoti. Ci andavano i giocatori del Padova, adesso non c’è più neanche la squadra. I prezzi sono fuori mercato, le giovani coppie guardano altrove. E i padovani, in questo gran ballo finale che sa tanto di Titanic ma senza musica, passano di qui ogni tanto a prendere il gelato e a fare due passi, come ai tempi in cui il gelato c’era solo qui.

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