È il broker Nicola Lodi il candidato di Forza Italia

Mancava solo lui. E alla fine, a 55 giorni dal voto - con appena due settimane di anticipo rispetto al 2009 - Forza Italia ha scelto il proprio candidato per palazzo Moroni. Si tratta di Nicola Lodi, broker padovano di 53 anni, assicuratore dell’avvocato Niccolò Ghedini, che ha proposto il nome a Silvio Berlusconi.
Dopo settimane trascorse a sfogliare le candidature, ieri ad Arcore è arrivato l’imprimatur di Berlusconi al cospetto dei protagonisti: oltre all’“investito”, il legale consigliori dell’ex cavaliere e il coordinatore regionale Marco Marin. «Fare il sindaco è un impegno nobile nei confronti della tua città e dei tuoi concittadini. È un impegno di cui sarai molto orgoglioso» le parole pronunciate dal presidente di Berlusconi per incoraggiare Lodi - presentato come «espressione della società civile» - a raccogliere la sfida per rilanciare i valori di Forza Italia a Padova. Ancor più stringato il commento di Lodi: «Ringrazio della fiducia il presidente, Ghedini e tutti gli esponenti di Forza Italia che hanno creduto in me e assicuro loro che insieme cambieremo la città». Se l’amicizia e la stima da sole siano sufficienti a lanciarsi in una simile avventura, solo il tempo lo dirà.
Titolare della Lodibrokers insurance & Consulting in via Santa Lucia, sposato e padre di due figli, Lodi viene definito dagli amici come inizialmente vicino agli ambienti di destra, simpatia mitigata negli anni.
Per capire l’aria che tira nelle stanze del partito, basti sapere che ieri mattina, appena saputo il nome del candidato, Giancarlo Galan si è messo a ridere: credeva che si trattasse di un pesce d’aprile in anticipo. Lo stesso pensiero ha attraversato altri fedelissimi dell’ex governatore che di Lodi hanno un’immagine tutt’altro che politica. C’è chi lo dipinge come amabile ospite delle vacanze, chi lo ricorda come spericolato amante della velocità al volante in gioventù e chi, ancora oggi, non si capacita dello strapotere di Ghedini.
Il nome di Lodi esce dopo una travagliata caccia al candidato in cui era stato sondato lo scibile umano, tentando di agganciare prima Confindustria con Francesco Peghin per puntare poi sul partito, tentando Elisabetta Gardini - che sembra avesse vincolato il via libera a palazzo Moroni con la certezza di un paracadute alle Europee - finendo per sterzare, qualche settimana fa, sull’eccellenza universitaria “annusando” la disponibilità di Ermanno Ancona. Tra questi, erano stati ipotizzati anche l’ex prefetto Gian Valerio Lombardi e l’ex campione di F.1 Riccardo Patrese. Tutti mondi in cui l’elettore azzurro avrebbe potuto provare a rispecchiarsi, ma che si sono infranti su muri di veti incrociati e diffidenze. Così si arriva a ieri sera, con la bomba che deflagra a qualche minuto dalla minestra, mandandola di traverso al popolo che corre.
In questo scenario la base forzista, ancora una volta ignorata, si dimena in una muta ma non meno velenosa rivolta. Tutti in silenzio, dai protagonisti alle comparse: da Marin, che preferisce lasciar rilucere il verbo del presidente e del nuovo candidato, alla neo coordinatrice cittadina Elisabetta Casellati che, resa irreperibile da «un impegno urgente», rimbalza sul coordinatore regionale. A lei è toccata in dote la gestione della campagna elettorale e appare chiaro fin d’ora che non potrà contare su una lunga fila di volontari. Ammutoliti anche i portatori d’acqua, un po’ perché rimasti senza parole «sinceramente non so chi sia» commenta chi non ha spento il telefono, al culmine dell’amarezza. «A questo punto è ufficiale che vogliono perdere» aggiunge un altro profetizzando l’esclusione dal ballottaggio in favore dei grillini, e inveendo contro gli attriti che hanno sbriciolato il centrodestra e i rancori personali «non potrà mai farcela in così poco tempo». E c’è già chi sta pensando di abbandonare la barca al suo destino. Non finisce qui: si dice che nei prossimi giorni Berlusconi alzerà direttamente il telefono per chiedere a Massimo Bitonci e Maurizio Saia di fare un passo indietro per il bene del centrodestra. Nel primo caso potrebbe prima tentare la carta Salvini facendo perno sugli ingranaggi dell’alleanza. Più difficile che ci riesca con Maurizio Saia, libero da vincoli di partito e più difficile da “incastrare”.
(ha collaborato
Ernesto Milanesi)
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