È il Gorzone l’unica salvezza per la Bassa

ESTE. Negli ultimi sei anni migliaia di ettari di terreno della Bassa Padovana sono finiti più volte sott’acqua. Dalla disastrosa alluvione del novembre 2010 agli allagamenti di quest’anno il copione è più o meno sempre lo stesso: piove moltissimo in poche ore, i fiumi s’ingrossano, specie il Fratta Gorzone, e le idrovore vengono fermate perché i canali non possono più ricevere acqua. Non è un caso che a finire allagate siano le stesse zone, da Montagnana al Conselvano. Lo scorso febbraio furono oltre 8 mila gli ettari finiti a mollo per giorni, addirittura 17 mila invece a fine aprile, nonostante gli impianti fossero tutti in funzione. «A parte quest’ultimo caso» osserva Antonio Salvan, presidente del Consorzio di bonifica Adige Euganeo «per tutti gli altri eventi degli ultimi sei anni non possiamo certo parlare di casi rari o situazioni straordinarie. Ormai sono fenomeni che si ripetono periodicamente, addirittura con tempi di ritorno ormai totalmente ridotti al punto da far ritenere inefficace tutto il sistema di scolo. La causa principale» continua Salvan «sta nella scarsa funzionalità ed efficienza del Fratta Gorzone, che ormai risulta avere una capacità di portata talmente ridotta da non sostenere nemmeno i volumi d’acqua scaricati dalle sole idrovore a monte della “Botte Tre Canne”. Durante le ultime emergenze, con i livelli del fiume oltre i limiti di guardia, a Valli Mocenighe abbiamo registrato una portata inferiore ai 60 metri cubi al secondo. È ovvio che gli 80 metri cubi d’acqua che ogni secondo sollevano i nostri impianti non ci potranno mai stare. Se vogliamo mettere in salvo il territorio dobbiamo riportate la capacità del Fratta Gorzone ai 100 metri cubi originari, altrimenti continueremo a subire gli allagamenti». Per questo il Consorzio si è rivolto alla Regione, che tiene il “portafoglio” degli interventi straordinari, ma anche ai Comuni per sensibilizzare i sindaci sull’urgenza di portare a termine i lavori già programmati, come i bacini di laminazione per contenere le piene, ma mettere in preventivo anche un intervento serio sul Fratta Gorzone. «Ben vengano i bacini» aggiunge Salvan «ma da soli non bastano, perché in caso di eventi come quelli recenti in meno di 12 ore sono già pieni. Il collettore Adige-Gorzone è controverso ma stiamo eseguendo un monitoraggio dell’acqua e valutando delle alternative. Altrimenti dobbiamo pensare a raddoppiare la portata del fiume, se vogliamo salvare il territorio». (n.s.)
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