È morto Anthony Caro La sua mostra è al Correr

La sua grande antologica al Museo Correr - a cui aveva tenuto moltissimo - si chiuderà il 27 ottobre e solo qualche giorno prima, a quasi novant’anni, Anthony Caro, il più grande degli scultori britannici della sua generazione, è morto improvvisamente per un attacco cardiaco che ha spento la sua intatta energia creativa. «Adoro Venezia», aveva dichiarato nei giorni dell’inaugurazione della sua mostra, in contemporanea con la Biennale ,«cerco di venirci spesso, appena ne ho la possibilità. Qui, al Correr, qualsiasi opera beneficia di essere esposta in un luogo come questo». «Aveva già esposto a Venezia in quattro Biennali», ricorda il direttore della Fondazione Musei Civici Gabriella Belli «ma voleva una sua grande mostra qui, come era stato per Francis Bacon e Lucien Freud prima di lui tra i grandi artisti britannici e la sua lettera con cui lo chiedeva era stata una delle prime che avevo letto appena nominata. Tutte le opere esposte erano state pensate e scelte appositamente per questa mostra, scelte da lui sala per sala, con una straordinaria lucidità e creatività, e così sarà questa anche la sua ultima esposizione da lui seguita». Una trentina di sculture che abbracciano circa cinquant’anni della sua avventura artistica, segnata all’inizio dall’influenza di Henry Moore, di cui fu assistente, ma la sua figurazione di matrice espressionista era stata spazzata via dopo un viaggio negli Stati Uniti alla fine degli anni Cinquanta da un radicale e innovativo cambiamento nel suo linguaggio, che lo aveva portato a comporre sculture in metallo saldato e imbullonato, direttamente poggiate a terra, negando il concetto stesso di massa, influenzato in questo anche dalla conoscenza diretta di artisti statunitensi come David Smith e Kenneth Noland. Successivamente, la sua ricerca di tridimensionalità nelle forme, combinando anche elementi industriali preesistenti, lo porterà negli anni Settanta a una spazialità orizzontale e quindi a una ricerca di verticalità. Nicholas Serota, direttore della Tate Modern di Londra, lo colloca - con lo stesso Smith, Eduardo Chillida, Donald Judd e Richard Serra - tra i maggiori scultori degli ultimi cinquant’anni. (e.t.)
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