È «strage» di negozi In appena due anni chiusi trenta esercizi

ARCELLA.
Ormai l’asse via Tiziano Aspetti- via Guido Reni, sino a pochi anni fa, il boulevard centrale dell’Arcella per le numerose attività commerciali esistenti, è diventato il «cimitero dei negozi». Ogni mese che passa chiude per sempre una bottega e, quasi sempre, il negozio «deceduto» viene sostituito da un negozio gestito da immigrati. Spesso da incontrollati phone center oppure da chiassosi kebab, che restano aperti sino ad oltre mezzanotte.
Stanchi di tale andazzo, che, negli ultimi due anni si è anche accentuato, nella settimana passata, Orazio Marcon e Paolo Bertipaglia, rispettivamente presidente e vice-presidente del comitato «Arcella un quartiere, una città» si sono fatti a piedi tutto l’asse Aspetti-Reni ed hanno contato, passo dopo passo, tutti i negozi che hanno abbassato le serrande per sempre. Si tratta di almeno trenta negozi chiusi in meno di due anni. Il tratto di strada con più chiusure è proprio il pezzo di via Tiziano Aspetti, che va dal rondò Borgomagno al capitello del Santo che si trova all’incrocio con via Tiziano Minio.
Un tratto di via, di appena ottocento metri, dove, appena poche settimane fa, ha chiuso i battenti un altro negozio di moda. Ossia quello che c’era all’angolo con via Parentino, quasi a fianco con il cinema Astra. E’ già in liquidazione, invece, e sarà scritto il «the end» sulla vetrina, a fine anno, la bella boutique O’Bliss, gestita da Elisabetta Zampieron. «Tra due giorni renderemo pubblici tutti i dati che abbiamo raccolto», osserva Marcon. «è un’indagine che non avremmo mai voluto fare perché abbiamo effettuato il percorso dell’asse centrale dell’Arcella con l’amarezza nel cuore. Tante croci sulle serrande abbassate per sempre anche e specialmente a causa dell’assenza totale delle amministrazioni comunali che si sono succedute dagli anni ’90 ad oggi. Va bene che oggi, grazie all’ex ministro dell’Industria del governo Prodi , Pier Luigi Bersani e all’attuale governo Monti, il commercio è stato liberalizzato, ma come fa, un grande Comune come quello di Padova a non avere mai varato un minimo di regole locali per andare a disciplinare un settore strategico come quello delle attività commerciali?».
Felice Paduano
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