«È un’aggressione razzista, veniamo spesso insultati»

Paura nella notte tra Limena e Saletto di Vigodarzere. Alcuni individui hanno sparato contro l’area di proprietà dei nomadi di via Annibale da Bassano, subito dopo il ponte che divide Limena da...
BELLOTTO - INTERVISTA NOMADI VIGODARZERE. ANTONIO HUDOROVIC
BELLOTTO - INTERVISTA NOMADI VIGODARZERE. ANTONIO HUDOROVIC

Paura nella notte tra Limena e Saletto di Vigodarzere. Alcuni individui hanno sparato contro l’area di proprietà dei nomadi di via Annibale da Bassano, subito dopo il ponte che divide Limena da Vigodarzere. È successo nella notte tra lunedì e ieri, attorno a mezzanotte e mezza. «Questo è razzismo. C’è qualcuno che ci odia». A sostenerlo è Antonio Hudorovic, 67 anni, capofamiglia, che insieme ai sei figli e ai relativi nuclei familiari vive nel campo di sua proprietà. «Eravamo tutti dentro casa a quell’ora, quando abbiamo sentito esplodere diversi colpi», raccontano i fratelli Davide e Andrea Hudorovic. «Siamo usciti fuori e abbiamo visto un’Opel Corsa blu con dentro due individui andare prima in direzione di Saletto poi girarsi verso Limena, dove hanno caricato una ragazza che aspettava in strada». Allarmata la famiglia rom ha subito chiamato i carabinieri, che sono giunti sul posto e che ora indagano sull’episodio. Sull’area non sono stati trovati bossoli. Un atto che preoccupa gli abitanti del terreno, che sostengono di essere spesso vittime di atti intimidatori. «Per fortuna non si è fatto male nessuno, ma non è la prima volta che subiamo atteggiamenti discriminatori. Spesso capita che dalle automobili in strada ci urlino ‘sporchi zingari’», spiega Antonio Hudorovic, che più di 12 anni fa ha comprato il terreno di Vigodarzere, dove si è stanziato con la sua grande famiglia. «È vero, siamo zingari, ma non sporchi. Abbiamo le docce e viviamo come qualsiasi altra persona. Non siamo neanche più nomadi ma ci siamo stabiliti qua in maniera fissa», continua il capofamiglia, «Questo non è un campo nomadi. Questo è uno spazio privato, che io con i sacrifici di anni di lavoro ho acquistato per i miei figli, perché non facciano la stessa vita da girovago che ho fatto io. Non è un terreno che ci ha dato il comune e neppure di altri nomadi». La famiglia Hudorovic, integrata nel contesto sociale cittadino, ci tiene a distinguersi dagli altri rom presenti in città. «Le persone che vivono qua intorno ci conoscono e ci apprezzano. Lavoriamo tutti. Io adesso sono in pensione ma prima facevo il calderaio, fabbricavo caldaie e pentole d’alluminio e rame. Avevo una ditta individuale ed ero regolarmente iscritto alla camera di commercio». Antonio Hudorovic ha discendenze slave ma, come dimostra anche il nome, è italiano, nato a Saccolongo. E padovani sono anche gli altri membri della famiglia. «Siamo nati in questa terra. Siamo persone per bene. Non si può fare di tutta l’erba un fascio. Non rubiamo e non facciamo del male a nessuno ma ci sentiamo spesso discriminati. Vorrei che chi amministra la città non facesse solo provvedimenti contro di noi ma stesse anche dalla nostra parte».

Alice Ferretti

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