Ecco le aziende padovane che hanno registrato casi di Covid

La denuncia dei sindacati allo Spisal: segnalata la Ocs di Albignasego, accertamenti a Infocamere. Da Carel a Maschio Gaspardo, le imprese top che stanno gestendo il virus

PADOVA. Crescono i casi di Covid nelle aziende metalmeccaniche del Padovano. A dirlo i segretari provinciali di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil che stanno monitorando con attenzione un fenomeno in rapida progressione. Al 30 agosto, ben prima dell’inizio della seconda ondata, i casi conclamati di infortunio sul lavoro da Covid in provincia di Padova erano 788. A novembre, secondo i sindacati, a questo numero si deve aggiungere qualche centinaio di casi. Nel frattempo la lista delle imprese che proprio in questi giorni si stanno confrontando con il fenomeno si allunga.

«Nelle ultime settimane purtroppo sono stati accertati un numero crescente di casi in diverse aziende» fanno sapere i metalmeccanici padovani.

«Aziende del calibro di Berto’s, Ata, OCS, HI-PE, Consorzio RFX, Ravagnan, WLF, Acciaierie Venete, Parker, Carel, Maschio Gaspardo Campodarsego, Arneg, Carraro Drivetech, Minigears ma pure Toffac, Zen, Spanesi Spa, Tecnolaser. Accertamenti sono in corso per i lavoratori di Infocamere mentre in alcune aziende registriamo diversi casi di quarantena fiduciaria».

È di inizio settimana la vicenda che ha visto i sindacati segnalare allo Spisal la Ocs di Albignasego, azienda del settore delle forniture per l’oil&gas.

«Dopo che i casi di Covid segnalati dai dipendenti sono arrivati a 4 su una settantina di dipendenti» spiega Davide Crepaldi, segretario della Uilm Uil «i lavoratori hanno espresso la loro preoccupazione e chiesto all’azienda di procedere con tamponi a tappeto. Ocs si è però rifiutata sostenendo che i protocolli di sicurezza erano correttamente applicati e che i test di massa non erano necessari. Ci siamo quindi rivolti allo Spisal che il giorno dopo si è presentato in azienda. Dopo l’ispezione l’azienda ha deciso di procedere con i tamponi».

Ocs risponde con il direttore generale. «Abbiamo in azienda 8 casi di contagio, informazione che abbiamo ricevuto dagli stessi dipendenti» precisa Stefano De Stefani «il protocollo nazionale prevede che le aziende propongano i tamponi senza poterli imporre. Noi non abbiamo mai nascosto nulla. Quando abbiamo appreso del primo caso, circa una settimana fa, abbiamo scritto una lettera a fornitori e clienti che abbiamo appeso anche all’ingresso, così che tutto fosse alla luce del sole. Il nostro comitato interno aveva stabilito che al 10% dei dipendenti contagiati avremmo fatto scattare una misura in più. Così abbiamo contattato l’ospedale Villa Salus di Mestre per i tamponi. Una sessantina di dipendenti ha aderito all’iniziativa».

Ma per il segretario della Fiom Cgil di Padova Loris Scarpa le precauzioni delle imprese possono non essere sufficienti, soprattutto quando in fabbrica convivono lavoratori garantiti, precari e in appalto. «La malattia è riconosciuta ma la quarantena fiduciaria non lo è» spiega «iniziano anche a verificarsi casi di lavoratori precari asintomatici o paucisintomatici che preferiscono tacere piuttosto che rischiare il posto. C’è poi il tema dei dipendenti degli appalti che spesso non vedono applicati gli stessi standard di sicurezza previsti per gli altri. La mancanza di tutele e di omogeneità di trattamento rischia di diventare uno strumento di diffusione del contagio».

Massima prudenza la richiede anche il segretario della Fim Cisl Luca Gazzabin: «L’adeguamento delle aziende agli standard di sicurezza è doveroso e non deve esserci paura di segnalare eventuali infrazioni. In gioco ci sono salute, futuro di economia e posti di lavoro

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