Etnofilmfest a Monselice con la "tortura" al Parco Buzzaccarini
Cruento spettacolo dei Bloody CirKus davanti a pochi spettatori: era riservato a un pubblico adulto

Monselice (PD), 4 Giugno 2018 Esibizione dei Bloody Cirkus al parco Buzzaccarini Nella foto: lo spettacolo Cochaplague.
MONSELICE. Solitamente tocca a jazz, teatro o a qualche dibattito politico. Domenica, invece, ad animare la serata del Parco Buzzaccarini ci hanno pensato ganci da macello, aghi infilzati nella pelle e tagli sul petto con lame affilate. In occasione di “EtnoFilmFest”, il rinomato festival dedicato alla produzione documentaristica italiana che si è chiuso proprio domenica a Monselice, il parco cittadino ha fatto da scenario d’eccezione alla performance “Cochaplague”, scritta dall’antropologo visuale Simone Bardi e rappresentata dai Bloody CirKus.
Monselice, la tortura in uno spettacolo per adulti al parco
“Cochaplague”, spettacolo rigorosamente riservato a un pubblico adulto, si rifà al “capa-cocha”, l’antico rituale degli Inca che prevedeva il sacrificio umano, e alla peste nera (“plague”, in inglese). E il sacrificio non è mancato: tre dei quattro membri del gruppo, infatti, per oltre venti minuti hanno inscenato – tra canti gregoriani, richiami a cerimoniali cristiani e una struttura in ferro che riportava all’“archetipo” dello strumento con cui eseguire la pubblica condanna a morte – la tortura sanguinolenta dei rispettivi corpi.
Attraverso ganci conficcati nella pelle, i tre artisti sono stati letteralmente issati e sospesi all’altezza di scapole, cosce e braccia. C’è poi chi si è praticato tagli longitudinali al petto con un bisturi, chi si è visto infilzare il fianco con lunghi aghi, chi ancora si è fissato in fronte delle rose con il gambo a punta di ferro. Spiegano i promotori dell’evento: «Attraverso lo spettacolo e la performance, Bloody Cirkus si ripropone di rappresentare scene di vita quotidiana, dove la sofferenza è causata del sopruso, dall’odio e dal non rispetto, dove emergono quei sentimenti che lacerano ogni uomo nell’animo, e quegli stessi sentimenti vengono marcati ed evidenziati dal sangue delle ferite che i personaggi, di volta in volta, si procurano sul proprio corpo». Confermano gli artisti: «Sacrifichiamo il corpo e lo doniamo come amore ed unione. Il corpo diventa insieme messaggio e dono. Più della stessa vita non si può donare e noi, di volta in volta, doniamo questo a chi ci osserva, a chi ci ascolta e a chi si nutre dei nostri spettacoli».
Alla serata erano presenti poco meno di quaranta persone, che in parte hanno abbandonato il Parco ben prima dell’inizio dello spettacolo: prevista alle 21.30, la performance è infatti cominciata alle 23.10 – non senza polemiche – per alcuni disguidi tecnici.
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