Ferrara condannato a 3 anni
Falso ideologico e truffa: firmava le relazioni ma non eseguiva le autopsie

Da sinistra: il pm Sergio Dini, il giudice Mariella Fino e l’avvocato Piero Longo che ha difeso il professor Santo Davide Ferrara; e il tribunale di Padova. Pronto l’appello dopo la condanna
Tre anni di carcere per falso ideologico e truffa aggravata: è la condanna inflitta ieri al direttore dell'Istituto di medicina legale di Padova, il professor Santo Davide Ferrara, 64 anni, assente in aula. Il pubblico ministero Sergio Dini aveva chiesto 1 anno, 10 mesi e 20 giorni.
La sentenza è stata pronunciata dal gup Mariella Fino con rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena base (4 anni e 6 mesi). Il magistrato non ha riconosciuto le attenuanti generiche al medico, ritenendolo penalmente responsabile per 2 dei 6 fatti contestati. Per quattro episodi, infatti, è stato assolto perché la prova è stata ritenuta contraddittoria o insufficiente. La motivazione sarà depositata entro 30 giorni. I difensori (l'avvocato-senatore Piero Longo, legale del premier Berlusconi, e la collega penalista Anna Desiderio) aveva sollecitato la piena assoluzione. Falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici e truffa aggravata ai danni del Ministero della Giustizia, con abuso di potere e violazione dei diritti inerenti la pubblica funzione di consulente tecnico del pubblico ministero: ecco la pesante contestazione rivolta al professor Ferrara, docente universitario, considerato tra i maggiori esperti di tossicologia forense. Tra il 2006 e il 2009 Ferrara aveva ricevuto l'incarico dalla procura padovana di svolgere 6 autopsie di cui aveva firmato la relazione. Autopsie che - ha sostenuto il pm Dini - non avrebbe materialmente eseguito, nonostante avesse sottoscritto la relazione finale trasmessa all'autorità giudiziaria. Una prospettazione accolta dal giudice in due casi. Il 25 febbraio 2008 il professor Ferrara non eseguì la perizia su Marco Barbato (pagata dalla procura 1.602,29 euro) iniziata alle 10.30 all'Istituto di medicina legale: alle 11.11 era a bordo del treno partito dalla stazione di Padova e diretto a Roma. Anzi, il medico legale sarebbe già stato in stazione alle 11.05. In meno di mezz'ora, dunque, non avrebbe mai potuto portare a compimento l'operazione. E nemmeno effettuò l'autopsia sul corpo di Umberto Brusamolin il 22 gennaio 2009 prevista alle ore 14 sempre all'Istituto (liquidata con 1.405 euro): secondo alcune testimonianze il professor Ferrara si era allontanato dal suo studio per un tempo inferiore a quello richiesto per realizzare un'autopsia. Negli altri 4 casi contestati, i tempi sono risultati «compatibili» con quelle che erano state definite le «presenze fantasma» del direttore. Come nelle autopsie su Luciana Contiero e Alda Gallo eseguite a Padova e a Este il 27 aprile 2006 (la prima alle 16, la seconda alle 17.30) e così su quelle di Giovanni Rinaldi (19 maggio 2008) e Diego Brusauro (6 giugno 2009). I difensori hanno analizzato ogni singolo episodio nel tentativo di dimostrare la correttezza dell'operato di Ferrara, puntando sulla compatibilità dei tempi per l'espletamento degli incarichi. E hanno anche criticato lo svolgimento dell'indagine, rammentando come sia nata da una sorta di faida interna all'Istituto. Gli accertamenti erano stati innescati da un esposto trasmesso in procura dal professor Daniele Rodriguez, in «guerra» con Ferrara per la direzione dell'Istituto di medicina legale. L'1 ottobre 2008 Rodriguez fu designato sostituto responsabile della struttura complessa di Medicina legale presso l'Università di Padova, incarico trasferito a Ferrara il 21 gennaio 2009. Contro tale decisione Rodriguez fece ricorso al Tar, provvedimento poi annullato dal Consiglio di Stato. L'1 settembre 2009 l'incarico fu riattribuito a Ferrara.
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