Foto hot con ricatto a luci rosse carabiniere rischia il processo

Una tenera ma virtuale amicizia con invio di foto hot disinibite. Poi forse la confusione tra mondo reale e virtuale con lui, classe 1980, che vuole suggellare quell’amicizia via chat con un incontro a luci rosse; e lei, classe 1982, che rifiuta. Lui, ancora, che insiste. E che – stando all’esito dell’inchiesta – continua con un ricatto e l’invio delle foto scabrose ai parenti della protagonista. Ora rischia il processo G.P., carabiniere 40enne originario di Giarre in provincia di Catania, in servizio a Padova e già residente a San Giorgio delle Pertiche all’epoca dei fatti. Domani l’udienza preliminare davanti al gip di Lecce, Marcello Rizzi, che dovrà decidere se spedirlo o meno a processo. Gravissimi i reati di cui è accusato dalla donna che vive nel Lecese ed è sposata con figli: tentata estorsione per aver cercato di ottenere un incontro a base di sesso, molestie telefoniche continuate e aggravate dall’abuso di potere e dalla violazione dei doveri a una pubblica funzione, infine diffamazione attraverso la rete.
La storia
Tutto si consuma tra il settembre e l’ottobre 2017. Il contatto si verifica online in quelle notti annoiate in cui tanti internauti cercano qualche frizzante novità. Subito il dialogo via chat imbocca strade che parlano di passioni e desideri proibiti. Così si crea un clima confidenziale tanto che lei non esita a inviare a quell’amico, di fatto sconosciuto, alcune foto in biancheria intima come senza niente addosso. Foto di una donna indubbiamente attraente.
Il passo è breve dal virtuale al reale almeno per G.P. che, peraltro libero da qualsiasi legame, chiede un incontro da amanti. Lei non raccoglie l’invito e non risponde nemmeno più ai messaggi e alle telefonate dell’uomo al quale aveva girato il proprio recapito telefonico. A quel punto inutile ogni insistenza e lui diventa chiaro: se l’amica non avesse accettato, quelle foto compromettenti sarebbero state inviate ai parenti del marito. Il militare avrebbe sarebbe stato ossessivo trasmettendo valanghe di sms via whatsapp per convincere la donna. Niente da fare. Il risultato? Poco dopo alcuni parenti avrebbero informato la 37enne: tramite whatsapp e alcuni Social (Facebook e Instagram) avevano ricevuto dei clic particolari e compromettenti di cui lei era protagonista.
L’indagine
È a questo punto che la vittima (presunta, almeno finché non c’è una sentenza) presenta denuncia alla procura di Lecce. E scatta l’indagine coordinata dal pubblico ministero Francesca Miglietta che avrebbe scoperto come quelle immagini provenissero dal (falso) profilo di una sedicente Stefy. La procura di Lecce ha chiuso l’indagine sollecitando il rinvio a giudizio del militare (difeso dall’avvocato veronese Angelo Cubisino). La 37enne si costituirà parte civile tutelata dai legali Diego De Cillis e Cosimo Maci e reclamando un risarcimento di 50 mila euro. Il carabiniere nega di aver mai fatto alcun ricatto. Tanto meno a luci rosse.—
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