Frammenti di un rasoio crudele per dire no all’infibulazione

LONDRA. Un rasoio che viene tagliato in mille pezzi perché non possa più ferire. Questa l’immagine simbolica che Erik Ravelo, direttore creativo di Fabrica, il centro di ricerca sulla comunicazione di Benetton Group, ha realizzato per End Female Genital Mutilation, la nuova campagna mondiale di comunicazione per fermare la mutilazione genitale femminile lanciata ieri dal quotidiano britannico “The Guardian”: il 6 febbraio si celebra infatti la Giornata Mondiale contro l’infibulazione e le mutilazioni genitali femminili.
Si tratta di una pratica che viene eseguita principalmente in 28 paesi dell’Africa sub-sahariana, per motivi non terapeutici. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che siano già state sottoposte alla pratica 130 milioni di bambine, ragazze e donne nel mondo, e che tre milioni di bambine siano a rischio ogni anno tutto il mondo. Non esiste un’età che metta al riparo le donne: a seconda dei Paesi e delle tradizioni, viene infatti eseguita in età diverse, a partire dalle neonate per arrivare fino alle adolescenti. È riconosciuta a livello internazionale come una crudele violazione dei diritti umani. Sono proprio le donne le protagoniste della campagna: donne sopravvissute a questa barbarie - solo negli ospedali inglesi si contano dal 2011 a oggi più di 3000 casi - che urlano al mondo che la mutilazione genitale è un abuso intollerabile che va fermato immediatamente.
Il quotidiano inglese non usa mezzi termini, è molto esplicito sulla pratica, ne esamina esecuzione e conseguenze. La campagna, attiva anche attravero il sito web della testata, durerà per una settimana.
In passato molte altre campagne sono state sostenute contro l’infibulazione: una delle prime è stata sostenuta, negli anni Novanta, da Emma Bobino con l’organizzazione “Non c’è pace senza giustizia”. Con il passare degli anni, sul tema si è sviluppata una forte sensibilità sociale, che nel 20o12 ha portato al pronunciamento dell’Onu per la messa al bando universale.
Fabrica, che ha nel suo dna la comunicazione finalizzata al social change, ha accolto l’invito di The Guardian mettendo a disposizione la propria creatività.
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