Franceschi ha voluto i libri di Bepin Segato

BORGORICCO. «Luciano mi ha chiesto di portargli i libri di Bepin Segato perché vuole farli studiare ai suoi compagni di carcere, e un altro libro per la produzione di gelati che aveva ordinato una settimana prima di fare quello che ha fatto». Questa la richiesta di Luciano Franceschi al fratello Enzo e al figlio, che ieri mattina sono andati a trovarlo per la prima volta in carcere dov’è rinchiuso con l’accusa di tentato omicidio del direttore generale della Bcc Pier Luigi Gambarotto. Anche in regime di detenzione, dunque, il pensiero di Franceschi, il “patriota” come lo definiscono i venetisti, è sempre rivolto alla sua terra. Tanto che intende istruire gli stranieri con cui divide la cella sulla storia della Serenissima Repubblica scritta dall’”ambasciatore dei Serenissimi”. Afferma che anche la costituzione americana si è ispirata alle leggi delle Serenissima, che la storia testimonia che la Serenissima ebbe il sistema socio-economico fra i più avanzati. Di più: Franceschi ha detto al fratello Enzo che «solo con un’azione eclatante dei serenissimi, tramite regole che avevano stabilito i padri costituenti della Serenissima, si può risolvere l’attuale situazione di crisi economica diventata così difficile in tutto il Veneto. Questi continui suicidi, secondo lui, sono imputabili a operazioni della finanza che detiene i cordoni del denaro, quindi di banche, di investitori e quant’altro, che stanno cercando di rientrare delle perdite che hanno procurato loro con operazioni spericolate che adesso vogliono far pagare in totale alle aziende, spremendole fino all’osso». Luciano Franceschi ha “attaccato” la Bcc di Campodarsego lunedì scorso dopo aver letto del suicidio di Albino Mazzaro, suo cliente al mercato. «Mi ha raccontato che ha trovato in carcere un ambiente accogliente e la solidarietà delle persone con le quali vive. Sono in 9 in una cella 4x4, hanno un bagno e una doccia e debbono fare i turni. Se deve usare il bagno deve prendere il numerino. Per i pasti si sono organizzati, perché fra i 9 in attesa di giudizio vi sono due cuochi professionisti. Fanno cassa comune acquistando nel negozio del carcere, ognuno mette 25 euro la settimana». L’incontro, di un’ora, è avvenuto nel parlatorio del carcere, una sala con 12 tavolini con 4 sgabelli ciascuno ancorati al pavimento. «Era Luciano che rincuorava il figlio, e si è commosso quando abbiamo parlato di nostra madre, che è molto provata e non se l’è sentita di venire in carcere. Purtroppo ha ripreso a fumare e questo non giova alla sua salute, Luciano ha solo mezzo cuore che funziona».
Giusy Andreoli
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