Frode informatica alla Facco Ex dirigente a processo
CAMPO SAN MARTINO. È accusato di aver violato il sistema informatico aziendale. E di aver svelato il contenuto di atti e documenti riguardanti applicazioni e componentistiche dell’impresa che non possono essere divulgate. Contestazioni gravissime che rischiano di costare caro a Maurizio Gobbo, 50 anni, residente a Fontaniva, ex responsabile dell’ufficio acquisti e commercio delle Officine Facco di Campo San Martino, azienda leader mondiale nella progettazione e realizzazione di impianti industriali per l’allevamento avicolo, oltre 100 dipendenti nel Padovano e altri 300 nelle filiali nel resto del mondo. A firmare la denuncia il presidente nonché amministratore delegato dell’azienda, Massimo Finco, attuale presidente di Confindustria Padova, già costituito parte civile: la tutela degli interessi delle Officine Facco è stata affidata al penalista Piero Someda che ha reclamato un risarcimento milionario, giustificato dalla perdita di commesse conseguenti alla divulgazione di notizie riservate. Il 31 maggio inizierà il processo per frode informatica davanti al giudice Claudio Marassi: quel giorno il presidente degli industriali sarà chiamato dal pm Benedetto Roberti a ricostruire la vicenda, tra spionaggio industriale (oggi all’insegna delle moderne tecnologie) e il “tradimento” di quello che era considerato un fedele dipendente.
Un passo indietro. Il 26 luglio 2013 Massimo Finco si presenta dai carabinieri e consegna la denuncia. Tre mesi prima, il 6 aprile, il procedimento disciplinare avviato a carico di Gobbo per questioni riguardanti il lavoro si conclude con la sanzione estrema del licenziamento. L’impresa si preoccupa subito di modificare la password assegnata all’ex funzionario per accedere alla mail aziendale. Sorpresa: in quella mail risultano alcuni accessi successivi alla perdita del posto di lavoro. Scattano le verifiche interne, poi la denuncia e l’inchiesta viene affidata alla procura distrettuale di Venezia competente per i reati informatici. Poco alla volta si scopre che Gobbo, direttamente o tramite un’impiegata alle sue dipendenze, aveva avuto accesso al sistema informatico aziendale per finalità non autorizzate. In particolare la collaboratrice aveva inviato alla mail privata di Gobbo (maurizio.gobbo@virgilio.it) 5 schede di macchinari prodotti dalla Facco il 4 aprile e l’11 aprile altri 6 schede relative ad altri impianti. Il 5 aprile, invece, Gobbo aveva trasmesso dal suo account aziendale alla mail personale un file di programmazione Niagara (primo sistema moderno di raccolta uova nel mondo, “la tecnologia più copiata dai nostri competitor” si legge nel sito della Facco) con il calendario del piano di produzione; la scansione di una scheda cliente e di una richiesta d’ordine da parte di un cliente in Usa con descrizione e dati tecnici. Non basta: già licenziato, il 17 aprile Gobbo si era introdotto nell’ex mail aziendale e aveva inviato due mail (conferma ordine di acquisti da parte di Facco) a due account facenti capo a Tecno Poultry Equipment spa, la società concorrente dov’era stato assunto. L’ex collaboratrice è già stata assolta dal gup di Venezia Alberto Scaramuzza perché aveva solo eseguito gli ordini dell’allora capo.
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