Fusione rovente fra i due acquedotti
MONSELICE. Un matrimonio a due, o meglio a 111. Tanti sono i Comuni interessati al processo di fusione tra Centro Veneto Servizi e Polesine Acque, le due società che gestiscono la risorsa idrica per gran parte delle municipalità di Bassa padovana, Basso vicentino e Polesine. Un legame nato ufficialmente il 30 aprile 2014 - data in cui l'Assemblea dei sindaci di Cvs ha approvato all'unanimità lo studio di fattibilità sulla possibile aggregazione - e che sta affrontando una delle tappe fondamentali, l'approvazione dei 111 Consigli comunali interessati.
L'operazione. «La fusione servirà ad assicurare che l'acqua resti anche in futuro un “bene comune”, gestito da società che rispondono solo ai sindaci e, quindi, ai cittadini. E che hanno come obiettivo tenere basse le tariffe e fare investimenti per il territorio, non distribuire dividendi». Era questo l'assunto con cui Cvs presentò tre anni fa il progetto di fusione con Polesine Acque, sottolineando in particolare la necessità di «fare massa critica, essere più efficienti e poter resistere ad eventuali assalti da parte delle grosse società che con l'acqua fanno semplicemente business». Il richiamo era a quanto avvenuto più o meno in quei mesi con Hera e alla vendita al gruppo delle quote della pubblica AcegasAps. Lo stesso Cvs ha più volte ribadito un altro fondamento della fusione: il mantenimento dell'in house e della governance pubblica sul territorio.
L'iter. La due diligence (un'attività di indagine, in particolare sui bilanci) richiesta da enti e sindaci, è la base su cui Cvs e Polesine Acque stanno valutando la bontà o meno dell'aggregazione. È su questo documento che i Consigli comunali dovranno votare l'adesione al progetto. Per quanto riguarda Cvs sono 27 i Comuni già andati al voto: in tre Consigli il progetto è stato bocciato. In ambito Cvs sarà necessario raggiungere il 50 per cento più 1 dei voti favorevoli: non viene preso in considerazione il numero di Comuni, quanto il peso delle azioni che i Comuni hanno. Diverso il discorso per Polesine Acque, dove è necessario raggiungere il 66,67 per cento delle quote.
Cammino in salita? In ambito Cvs il 41,44% ad oggi è favorevole alla fusione, anche se le discussioni in alcuni Consigli comunali e altre previsioni di voto non annunciano un finale immacolato. I Comuni padovani, tra le varie cose, guardano sempre più preoccupati al debito di Polesine Acque. I vertici di Cvs sottolineano tuttavia come «il debito di Polesine Acque, sceso a 54 milioni al 31 dicembre 2016, non sia assolutamente allarmante» ha spiegato ad esempio il direttore Monica Manto in Consiglio comunale a Este «Non stiamo parlando di un “buco”, ma di debiti strutturati che magari pesano 1 o 2 milioni di euro di rate all'anno e che vanno spalmati anche su periodi ventennali. Il nostro indebitamento è di 58-59 milioni, quello di Acque Vicentine toccherà i 90». Il fronte polesano è d'altro canto fortemente schierato contro l'incorporazione a Cvs che porterebbe - a detta dei detrattori - a uno squilibrio nei confronti dei Comuni rodigini. La prima commissione del Consiglio comunale di Rovigo ha votato “no” all'operazione, probabile preludio al voto del consiglio fissato per giovedì 20. E con il “no” di Rovigo, che nella compagine sociale di Polacque pesa quasi il 17%, il progetto di fusione è già affondato per metà.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova