Gallina compie mezzo secolo e sfida il virus «Questo negozio è stato come un figlio»

I titolari dello storico laboratorio di oreficeria pensavano di chiudere: resteranno aperti su appuntamento 

la storia

Cinquant’anni di creatività, ma anche di fatica, amore, passione e affetto. Francesca e Diego sono da quasi mezzo secolo (compiranno 50 anni nel 2021) dietro il banco del laboratorio di oreficeria di via Rialto. Si sono conosciuti tra i banchi dell’istituto d’arte Selvatico, allora Diego Gallina iniziò a fare apprendistato nel famoso laboratorio Galvan. Poi il grande salto: un’officina tutta sua tra ori e pietre preziose. Dal primo momento, accanto a Diego, c’è stato Franco, poi sono arrivati anche Elvio e, al banco, Anna.

effetto covid

Prima che esplodesse la pandemia da Coronavirus Francesca e Diego avevano deciso di chiudere. Anzi. Di passare il testimone a un ragazzo giovane, che continuasse la tradizione dell’arte orafa. Ma l’emergenza sanitaria ha rimescolato le carte della vita, i clienti hanno fatto il resto, spaventati all’idea di rimanere soli. E così la coppia ha deciso due cose. La prima, che valeva la pena festeggiare in grande i 50 anni di carriera. Una festa sarebbe stata l’ideale, ma di questi tempi non è la cosa più consigliata. E così hanno scelto una formula più generosa e meno celebrativa: uno sconto in laboratorio a tutti i clienti fino a Natale. Poi, e questa è la seconda decisione, dall’anno nuovo saranno in bottega solo alcuni giorni a settimana.

la svolta

«Abbiamo percorso una lunga strada professionale e di vita» racconta Diego, «fatta di scommesse vinte, prima fra tutte il grande affetto dei nostri clienti. Ora è arrivato il momento di riposare». I successi si misurano in opere d’arte, come l’ala d’Angelo realizzata per Lucia Bosè o le opere di Picasso e Dalì rivisitate. E pensare che tutto è cominciato, caparbiamente, perché Diego aveva la fiamma dell’artista dentro: «In prima media mi hanno bocciato» ricorda, «perché io volevo creare. Allora ero più concentrato sulla pittura e così mi iscrissi al Selvatico. L’amore per l’oreficeria non arrivò subito, ma grazie al mio compagno di banco che seguiva un corso e mi aveva incantato con i suoi racconti dei primi lavori di fusione, che si facevano con l’osso di seppia: questa cosa mi pareva incredibile. Quando ho conosciuto l’estro di Galvan ho capito che quella era la mia strada: lì, in via Porciglia, ho imparato il mestiere, compresa l’arte del restauro».

il laboratorio

Fino al 1971, quando rileva il laboratorio di via Rialto, una laterale di via XX Settembre. In tutto questo tempo, nei 43 anni di matrimonio e una manciata di fidanzamento, Francesca c’è sempre stata, dietro le quinte, con l’eleganza delle donne riservate ma decisive. «È stata un’avventura» sorride, «non abbiamo avuto figli e dunque questo negozio è stata la nostra “creatura”». Mezzo secolo passa in fretta, supera le mode, i colori degli ori e le fattezze dei gioielli, anche perché il pubblico che si rivolge ai Gallina sfugge le tendenze commerciali, a caccia dell’unicità. «Oggi» rivela Francesca, «riceviamo molte richieste per recuperare anelli antichi. L’obiettivo non è tanto trasformare quell’oggetto in qualcosa di più contemporaneo, quanto in qualcosa che rappresenti chi lo indossa».

il lavoro

Tra le dita di Diego sono passati pezzi preziosissimi, come un diamante rosa taglio smeraldo di eccezionale grandezza, che superava i 100 mila euro di valore; pezzi straordinari, come una meteorite che il suo genio ha incastonato in una collana battezzata “Via Lattea” e venduta a 30 mila euro (e poi rubata alla proprietaria). E ancora, Diego ha realizzato un anello che ricorda la cupola del Santo che sviluppa sul dito la luce dell’altare della Basilica, o la rete di diamanti montanti su brillanti; e ancora una farfalla su disegno di Dalì. Da via Rialto sono passate generazioni di famiglie ricche e importanti della città. Eppure per Diego un valore speciale nel cuore lo conservano i primi orecchini realizzati per la sua Francesca: fu quel dono a convincerla a forare le orecchie per indossarli. «Erano delle pietre semi preziose sui colori dell’ametista» ricorda lei, «la mia pietra». —



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