I medici: «Lo stop alle visite intramoenia nel Padovano allunga le attese»

PADOVA. Monta l’insofferenza dei medici di fronte al prolungarsi del blocco dell’attività liberoprofessionale intramoenia. Dopo la lettera congiunta inviata qualche giorno fa da tutte le sigle sindacali al presidente della Regione e all’assessore alla Sanità, ora l’Anpo scrive all’Ordine dei medici di Padova presieduto dal professor Paolo Simioni «affinché si faccia carico a sua volta delle preoccupazioni» che tale provvedimento comporta sia per i medici che per i pazienti.
Ma andiamo con ordine: ai primi di novembre, con la ripresa dei contagi, la Regione è tornata a sospendere l’attività di specialistica ambulatoriale delle strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate, a eccezione delle prestazioni prioritarie, oltre all’attività liberoprofessionale intramoenia. Un blocco che, è stato annunciato, si protrarrà fino a gennaio.
«Questo esclude la possibilità per i pazienti di avvalersi del diritto di scelta del medico specialista ospedaliero per le proprie cure» sostiene Giampiero Avruscio presidente dell’Anpo, l’associazione nazionale dei primari ospedalieri «una decisione che avviene in un contesto che non riguarda le attività direttamente impegnate nell’emergenza, ma tutte quelle prestazioni che continuano, a differenza della prima fase emergenziale, in ambito istituzionale. Le motivazioni addotte sembrano essere legate alla “discriminazione” che in questa fase si verificherebbe nei confronti di chi si prenota con impegnativa, rispetto a chi invece si prenota per l’attività libero professionale intramoenia» prosegue Avruscio. A questo, si aggiunge la volontà di limitare gli accessi all’ospedale per tenere sotto controllo la circolazione del virus.
L’organizzazione sanitaria è tale per cui con l’impegnativa si può accedere alla prestazione sanitaria secondo una tempistica regolata dal giudizio clinico del medico di base: con questa il paziente si garantisce la prestazione, mentre con la libera professione il cittadino può scegliere da chi farsi curare instaurando un rapporto di continuità e fiducia tra medico e paziente: «Sfatiamo il mito che la prestazione con la ricetta sia gratuita, per garantircela paghiamo le tasse» chiarisce Avruscio «ecco perché bisognerebbe dare anche in questo caso la possibilità al paziente di scegliere il proprio medico curante e mantenere un rapporto di cura costante».
D’altro canto è lo stesso servizio pubblico a trarre vantaggio dalle risorse derivanti dall’intramoenia: «La libera professione intramoenia dei medici ospedalieri finanza la cosiddetta “attività straordinaria” che viene svolta il sabato e la domenica, con la presentazione dell’impegnativa da parte del paziente» spiega ancora il presidente dell’Anpo «in nessuna altra parte al di fuori dell’ospedale la libera professione assume quindi anche un significato di tipo “sociale” poiché interviene riducendo le liste di attesa per chi prenota una prestazione con il servizio pubblico».
Inoltre, il permanere di questa condizione starebbe convogliando i pazienti nelle strutture private extraospedaliere: «È innegabile che l’abolizione della scelta del medico in attività extra-istituzionale, oltre che aumentare il disagio del paziente alle prese con la propria patologia o quella dei propri cari, finisce per allungare le liste di attesa. Diversamente, il paziente finisce per scegliere un altro medico al di fuori della struttura ospedaliera, non come libera scelta questa volta, ma come “costrizione” sempre in regime liberoprofessionale, con tutte le conseguenze che da un atto del genere possano derivare» conclude Avruscio.
«Chiedo quindi all’Ordine di intervenire nello stigmatizzare quanto sta accadendo negli ospedali padovani e non solo, perché si colpisce la nostra responsabilità di cura verso il paziente e il nostro “essere” medici, fondante su quel rapporto medico-paziente che non può e non deve in nessun modo essere stravolto o peggio trasformato in qualcosa di diverso non compreso nelle nostre leggi e comportamenti deontologici». —
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