I taxisti padovani: «Lavoriamo 12 ore e siamo in perdita»

Le proteste della categoria alla vigilia dello sciopero contro la liberalizzazione: «Guadagno di 35 euro al giorno, come viviamo?»
PIEROBON - INTERVISTE TASSISTI TAXI DAVENTI OSPEDALE
PIEROBON - INTERVISTE TASSISTI TAXI DAVENTI OSPEDALE

PADOVA. «Se siamo bravi e se va proprio bene, facciamo 15 corse al giorno, lavorando 12 ore, a una media di 8 euro a corsa. Fa 120 euro, a cui dobbiamo togliere minimo 70 euro di spese fisse (ammortamento auto, Inps, Inail, assicurazione, costo centrale operativa, un cambio gomme l’anno) e 15 euro di gasolio. Restano 35 euro al giorno di guadagno. Mi dite come facciamo a tirare avanti? Noi siamo già all’osso». Come dire, aggiungeteci anche la liberalizzazione delle licenze, e schiattiamo.

A parlare è Camillo Favaron, 62 anni, che 13 anni fa, a 49 anni, acquistò per 35-40 milioni una licenza di taxi che ora divide con la figlia. E’ presidente di Assotaxi, che assieme a Upa e Cna raccoglie i 152 taxisti padovani (tanto per far le proporzioni, a Roma sono 8 mila, a Londra 25 mila e a Parigi 17 mila). Centocinquanta dei quali fanno parte della Cooperativa radiotaxi padovana (Corapa). I due che avanzano sono usciti dalla cooperativa, hanno rinunciato a ricevere le chiamate e si piazzano negli appositi parcheggi in attesa di clienti «al volo». Il motivo è semplice: il servizio della Corapa costa 300 euro al mese, i tempi sono assai grami e c’è chi quella cifra preferisce tenersela in tasca.

Ieri a Bologna gran riunione della categoria e decisione: il 23 sciopero dei taxi contro la prospettata liberalizzazione delle licenze. Lamentazione a latere: proprio da noi devono cominciare? I notai no vero? Quelli chi li tocca. Alla mobilitazione, la categoria padovana parteciperà, compatta, a giudicare dalle voci raccolte ieri verso le 13 dai 6-7 taxisti fermi al parcheggio davanti all’ospedale; fermi in lunga, ogni giorno più lunga, attesa del cliente. Chè il periodo di crisi pesa come piombo anche su di loro. E adesso arriva lo spettro di veder miniaturizzato il valore della loro licenza: «Mi mangiano la liquidazione – racconta Giorgio, 62 anni, da 27 a dar passaggi ai padovani – Io di pensione avrò 780 euro, da luglio, cosa ci faccio? La possibilità di vendere la licenza era la mia liquidazione».

Ovvio che se passa la liberalizzazione, il valore delle licenze crollerà, e i circa 100 mila euro che si possono – ora – ricavare dalla vendita della licenza, diventano coriandoli. E l’ipotesi governativa di compensare i titolari dando loro un’altra licenza che potrebbe anche essere venduta in modo da recuperare la perdita di valore della licenza originaria, non convince. «Non funzionerebbe. E chi se le compera queste licenze? Oppure, tu ne hai due: nell’altra chi ci metti dentro? E come lo inquadri? Senza contare che lavoro ce n’è già poco per noi», chiude Favaron.

«Guardi qui, davanti all’ospedale, dove fino a qualche tempo fa c’era un andirivieni continuo di taxi – continua Giorgio – Guardi un po’ quanti siamo adesso in fila, ad aspettare clienti. Il lavoro è calato moltissimo, la gente tira la cinghia». Come conferma il vicino in attesa, ma non di un taxi, Renato Perini, 62 anni, impiegato, con l’anziana mamma a fianco: «Taxi? Non me lo posso permettere – spiega – i prezzi sono troppo cari, lo tengo proprio come ultimissima risorsa. Uso i mezzi pubblici».

Che i passaggi costino un occhio, secondo i «driver» padovani è leggenda metropolitana: anzi, dicono, i nostri prezzi sono tra i più bassi del Veneto, d’Italia forse anche di tutto il vecchio continente. La corale lamentazione arriva per bocca di uno dei taxisti ieri fermi all’ospedale, tutti molto gentili con i clienti, ma prova a chiedergli qualcosa del loro lavoro, pare di andargli ad estorcere il terzo, quarto e pure quinto segreto di Fatima.

«Non rilascio niente», dice uno, perentoria e un tantino surreale affermazione, volendo dire: non dò interviste. Manco si trattasse di Monti.

«Il mio nome non glielo dico – attacca un altro il quale, dopo un tantino di insistenza che manco Torquemada, «rilascia» informazioni bomba su di sé: ha 57 anni, fa il taxista da 12, lavora dalle 8 alle 20 – Saremo costretti a chiudere, non ci stiamo più dentro le tariffe stabilite con il Comune. Stiamo stilando le nuove proposte di adeguamento dei prezzi, poi in aprile arriveranno le nuove tariffe. Ma con la liberalizzazione, saremo Tre allegri ragazzi morti», dice, indicando un poster della lanciatissima band di Pordenone attaccato alla pensilina della fermata bus. Le nuove tariffe stabilite col Comune, stando alla categoria andrebbero aumentate del 5%, comprese le quelle fisse il cui elenco è appeso in tutti i parcheggi taxi. Esempi: stazione-Santo, stazione-ospedale, autocorriere-Santo; 7 euro; stazione-ospedale di S. Antonio 8.50; piazza dei Signori-piazzale S. Croce: 6.50. In tutto 12 corse, dalle 6 alle 22 sette giorni su sette. Senza sorprese sul prezzo.

E la lamentazione dei taxisti riparte in quarta: il nostro lavoro nell’ultimo anno è diminuito del 40%, spara uno; e l’altro: «il gasolio, che ci paghiamo noi senza sovvenzioni dallo Stato anche se siamo un servizio pubblico, è aumentato ma le nostre tariffe no»; «lavorando otto ore al giorno non ce la facciamo a coprire il costo dell’auto», aggiunge un altro. E via, col conta-lamentele che fa i chilometri.

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