I Vivarini nello splendore di un’epoca

Giovedì a Venezia la presentazione della prima mostra sui tre pittori da febbraio a Conegliano

Dai Carpaccio ai Vivarini. Sarà presentata giovedì a Venezia alle Gallerie dell’Accademia - con una conversazione tra il curatore Giandomenico Romanelli e lo scrittore Tiziano Scarpa - la prossima mostra dedicata alla pittura antica che ospiterà Palazzo Sarcinelli a Conegliano dal 20 febbraio al 5 giugno 2016. “I Vivarini - Lo splendore della pittura tra Gotico e Rinascimento”, questo il titolo dell’esposizione, metterà per la prima volta a confronto le opere della dinastia muranese di pittori rinascimentali: dal capostipite Antonio, al fratello Bartolomeo, fino ad Alvise, figlio del primo e nipote del secondo. Un’operazione che si collega, in qualche modo, alla mostra precedente, dedicata a Vittore e Benedetto Carpaccio, sempre sull’onda di una grande saga pittorica familiare. Questa volta però più complessa, attraverso le circa 40 opere - tra cui diversi polittici - che illustreranno le singole personalità dei tre artisti, ma anche gli inevitabili intrecci legati anche al comune lavoro in bottega. «Fino ad oggi» spiega il professor Romanelli « i Vivarini non erano stati protagonisti di mostre monografiche, neppure presi singolarmente, nonostante il grandissimo interesse della loro opera. Antonio è l’uomo che fa compiere alla pittura veneziana il grande salto tra il Gotico Fiorito e il pieno Rinascimento, “firmando” spesso molti dipinti con Giovanni Teutonico o d’Alemagna, tra cui gli affreschi della Cappella Ovetari nella Chiesa degli Eremitani di Padova, in cui i due lavorarono fianco a fianco dei più giovani Andrea Mantegna e Nicolò Pinzolo, gli uni impegnati a decorare la volta e gli arconi, gli altri le pareti, in una convivenza tutt’altro che pacifica. E Antonio tornò poi a Venezia dove aprì la sua bottega, lavorando con il fratello minore Bartolomeo, mettendo a frutto l’esperienza acquisita e anche l’influsso di Mantegna. Che colpì ancora di più Bartolomeo, a cui si deve anche il primato nell’aver realizzato una pala d’altare senza la divisione tradizionale dei polittici, ma con un’unica composizione spaziale. Ma mentre gli altri Vivarini fermarono a un certo punto la loro capacità di sperimentare, ripetendosi, Alvise, il più giovane, non la perse mai, avvicinandosi prima a Giovanni Bellini e poi ad Antonello da Messina».

In mostra ci sarà anche la piccola pala di Amiens, da lui firmata, ma che critici illustri come Berenson o Longhi attribuivano addirittura a Lorenzo Lotto per la qualità straordinaria della pittura, nei colori lucidi come smalto tipici di questo grande artista. In mostra molte opere importanti, come il polittico di Antonio Vivarini, dalla basilica Eufrasiana di Parenzo, prima opera formata e datata dal capostipite della bottega e le tavole realizzate per committenti pugliesi, come l’importantissima pala della vasilica di San Nicola di Bari, uno dei primissimi e più originali esempi di pala con “Sacra Conversazione”. Sempre di Antonio, in mostra opere che testimoniano anche la collaborazione con il misterioso Giovanni d’Alemagna - che alcuni identificano con il cognato Giovanni da Murano - come le Storie di Santa Monica e di Sant’Apollonia. Di Alvise, infine - forse il più geniale dei tre - saranno in mostra dipinti importanti come la tavoletta francescana dall’Accademia di Carrara di Bergamo, il Ritratto di uomo con cappello dai Musei Civici di Padova - uno dei rari esempi di ritrattistica dell’artista - e, appunto, la Sacra conversazione, dal museo di Amiens, dipinto straordinario sul quale la critica ancora oggi si interroga. La mostra si allargherà anche al Trevigiano per trovare nelle chiese “tracce” dei Vivarini e dei loro seguaci.

Enrico Tantucci

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