Il 18 dicembre si vota per la Provincia E ora la “grande coalizione” è a rischio

Claudio Malfitano

/ PADOVA

Neanche il tempo di archiviare il voto delle amministrative di domenica e lunedì che è già tempo di nuove elezioni. Stavolta però “di secondo livello”: il 18 dicembre infatti è stato fissato l’election day per il rinnovo del consiglio provinciale. Vanno a scadenza i 16 componenti dell’assemblea di Palazzo Santo Stefano scelti due anni fa tra i sindaci e gli amministratori del territorio. Si tratta infatti di elezioni in cui possono votare solo gli eletti, cioè i sindaci e i consiglieri di tutti i 102 comuni del territorio Padovano. Non è in scadenza invece il mandato del presidente Fabio Bui, la cui elezione è sfalsata e verrà rinviata con tutta probabilità all’estate del 2022, quando scade il suo mandato da sindaco e dopo le amministrative della prossima primavera quando si voterà anche nel capoluogo Padova.

VERSO UNA LISTA UNICA

Proprio Padova è fondamentale perché il voto per le elezioni provinciali è ponderato, cioè ha un valore proporzionale alla grandezza del comune che rappresentano. Il voto di un eletto nel consiglio comunale di Padova vale 691 punti, mentre per la preferenza di un consigliere di un piccolo comune tipo Arquà Petrarca il valore è di 20 punti. Gli eletti a Palazzo Moroni quindi rappresentano il 22% di tutto il voto per eleggere sia i consiglieri che il presidente della Provincia.

Due anni fa ha prevalso un gentlemen’s agreement che ha coinvolto tutti i partiti. Il principio è stato quello del cuius regio, eius religio: la parte politica che governava il capoluogo ha espresso anche il presidente in Provincia. Padova dunque con il civico di centrosinistra Giordani ha ottenuto la carica per il dem Bui nonostante la maggioranza dei comuni della provincia fosse di centrodestra. Di conseguenza si è arrivati a una lista unitaria in cui tutti i partiti erano rappresentati. È probabile che lo stesso schema si possa ripetere anche il 18 dicembre.

LE ALI ESTREME

È probabile ma non scontato. Perché ci sono dei partiti che hanno la tentazione di rompere il maxi-accordo. Un test interessante è stata pochi mesi fa la nomina della nuova governance di Etra, multiutility a totale proprietà pubblica con soci 69 comuni che copre gran parte dell’Alta padovana. Flavio Frasson, ex consigliere regionale centrista, ha ottenuto la carica con il sostegno fondamentale della Lega e un accordo che ha messo insieme anche il Pd e il centro, tagliato fuori Fratelli d’Italia. Proprio il partito di Giorgia Meloni infatti potrebbe decidere dunque di ricavarsi un proprio spazio, seppure come minoranza. A questo punto si profilerebbe comunque un duello tra candidati anche per l’elezione del presidente della Provincia. Un’elezione che è sempre foriera di indicazioni politiche: proprio la vittoria di Enoch Soranzo nel 2014 prefigurò la spaccatura che ha poi portato alla sfiducia per Massimo Bitonci in Comune a Padova.

L’altra variabile è quella di Coalizione civica e Lista Lorenzoni, che insieme esprimono 9 consiglieri a Palazzo Moroni. Due anni fa decisero di “autoescludersi” rimanendo fuori da ogni decisione. Ora però la Provincia non è più un «ente inutile» e quei voti potrebbero servire a far pesare i propri temi. —

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