Il crac delle ex popolari affonda l’impero Ferrarini

Il gruppo emiliano come Pasta Zara: è in salute ma chiede e ottiene il concordato. Dopo la svalutazione delle azioni Bpvi e Veneto Banca il patrimonio è crollato

TREVISO. Il crac delle popolari venete sta mettendo in ginocchio imprese leader di settore. Il Veneto cerca di salvare Pasta Zara? Ecco che a Reggio Emilia un altro colosso dell’agroalimentare italiano, la Ferrarini, che controlla anche i notissimi salumi Vismara, ha chiesto e ottenuto dal tribunale del capoluogo emiliano, nei giorni scorsi, l’accesso al concordato preventivo, per impedire il naufragio di un realtà che dà lavoro a 800 dipendenti, che produce e fa ricavi ma che vede i proprietari, la dinasty reggiana Ferrarini, sommersi dai debiti per l’esposizione con Bpvi e Veneto banca.

Una storia che ricalca esattamente, una sorta di brutta copia - la vicenda di Pasta Zara: anche al colosso Ferrarini - la manager è Lisa, poi ci sono i fratelli nel cda – il tribunale del capoluogo emiliano ha concesso ora 4 mesi di tempo per varare un piano di rilancio finanziario.

E come nel caso di Furio Bragagnolo, patron di pasta Zara, l’azienda presenta indici economici e di produttività positivi: le due principali società del gruppo, i salumifici Ferrarini di Reggio e Langhirano (76% Elle Effe s.a, 24% Agri-Food Investiment s.a.) e la controllata Vismara con stabilimento a Lecco (87% Ferrarini, 13% Simest), hanno creato nel 2017 quasi 300 milioni di ricavi, in aumento significativo sul 2016.
Ma in un quadro economico dominato dai pesantissimi debiti con le banche, arrivati nel 2016 a 285 milioni.

Vittime della sottoscrizione di azioni delle due popolari - si parla di oltre 34 milioni di controvalore nel caso della berica (poi diventati praticamente 54 mila euro), e di altri milioni per quella montebellunese – i Ferrarini vogliono rilanciare due della tre società del gruppo, i Ferrarini (prosciutti) e la Vismara (salumi e alti insaccati), marchi entrambi notissimi, cercando partner, in particolare fondi di investimento, anche se ritornano voci di interessamento di marchi concorrenti. Al di fuori del piano di rilancio resta la terza società, la Società Agricola (la tenuta con diversi prodotti e l’acetificio).



Il futuro degli 800 dipendenti, che hanno ricevuto solo parte degli stipendi e per i quali è scattata la cassa integrazione, è diventata una priorità dell’agenda politica e amministrativa dell’Emilia Romagna. Fatale, per l’azienda, il crollo del peso patrimonio rispetto all’esposizione bancaria

E basti dire che, nel caso di Veneto Banca, l’azienda figurava tra i principali debitori dell’istituto montebellunese, che aveva erogato 15 milioni di euro alla Immobiliare Vendina, successivamente 16,5 milioni e mezzo alla Agricola Elle e 18,5 alla Agri Food, ancora i 12 milioni alla Vismara e infine 18 milioni alla Ferrarini spa. Ma l’avvocato dell’azienda aveva contestato, spiegando come tutti i «debiti fossero in ammortamento» e che «casomai era stata Veneto Banca a danneggiare l’azienda, non il contrario».

L’onda del collasso del sistema creditizio veneto arriva lontano. E a rischio, dicono gli addetti i lavori, potrebbero esserci altre aziende (produttivamente) sanissime. Ma dietro la facciata... —


 

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova