Il racconto del dipendente ferito: "Mi ha fatto entrare e poi mi ha sparato"

PADOVA. Sdraiato in un letto del terzo piano del reparto di Neurochirurgia dell’ospedale Civile. Il camice chirurgico addosso, un vistoso cerotto sulla nuca, dietro i tubicini del drenaggio. Lo sguardo è perso, ancora incredulo, e le fitte alla testa dopo l’operazione sono ancora molto forti. Ma nonostante il dolore e lo shock, Uber Marignati non rinuncia a raccontare la sua verità. Con fatica inizia a parlare e con dovizia di particolari racconta la terribile mattinata di lunedì.
“Alle 12.20 sono arrivato a casa del mio capo, avevamo appuntamento alle 12 ma mi ha chiamato poco prima per posticipare di una mezzora”, comincia a spiegare il trentasettenne. “Ho suonato, mi ha aperto il cancello e sono entrato. L’ho trovato davanti alla porta d’ingresso, mi ha salutato tranquillamente, anche se mi sono accorto teneva sempre la mano sotto il giubbotto”.
Il titolare della ditta ha dunque fatto entrare in casa il dipendente. “Mi ha detto ‘vieni pure dentro, ci accomodiamo in sala da pranzo’”, prosegue ancora visibilmente scosso Uber Marignati. “Mi sono girato, non ho fatto in tempo a fare tre passi che ha tirato fuori una pistola e mi ha sparato alla nuca”.
Il dipendente è caduto a terra. “Mi sono girato verso Davide e l’ho visto con la pistola puntata contro di me. Mi diceva ‘Stai fermo o ti uccido’. Io gli ripetevo di stare calmo, gli chiedevo perché facesse così. Lui mi ha risposto: ‘Ho perso tutto, mia moglie i miei figli, tutto’. Gli ho detto che le cose si sarebbe sistemate, ho cercato di tranquillizzarlo. Avevo paura mi sparasse un altro colpo”.
Uber Marignati con fatica è riuscito a calmare Davide Baratto. “Voleva avvicinarsi per vedere la ferita che mi aveva procurato ma io gli ordinavo di starmi lontano” Il dipendente è così riuscito a rialzarsi in piedi e ad andare in cucina. “Perdevo sangue dalla testa volevo andarmene da quella casa”, continua il trentasettenne. “Ad un certo punto Davide mi ha detto ‘Vai via prima che ti uccida’. Sono uscito di casa, ho ripreso la mia bicicletta e me ne sono andato”.
I dolori alla testa erano lancinanti. “Avevo un male atroce. Quando sono arrivato a casa ho prima chiamato i carabinieri poi mi sono recato all’ospedale di Schiavonia, da dove mi hanno trasferito a Padova per essere operato”.
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