Il ragazzino e l’ottantenne Il romanticismo gay disinnesca lo scandalo

Alle Giornate degli Autori passa il nuovo lungometraggio del regista canadese Bruce La Bruce, noto per aver diretto in passato film molto controversi, che mescolano cinema indipendente e pornografia gay: nel 2010, il suo “L.A. Zombie” - definito dallo stesso regista “un porno-gay- zombie-splatter-gore movie - aveva sconvolto il pubblico di Locarno e Torino, in un’orgia di sequenze necrofile e sessualmente esplicite. A Venezia, con “Gerontophilia”, La Bruce mette in scena la relazione (amore, fascinazione, pulsioni edipico-feticiste?) tra Lake (Pier Gabriel Lajoie), un diciottenne che nutre una strana attrazione per le persone anziane, e Mr Peabody (Walter Borden), che di anni ne ha 82, e vive in una casa di riposo in cui gli ospiti vengono sedati per essere mantenuti in uno stato catatonico. Poteva essere (e sulla carta lo era) il film più scandaloso del Festival, soprattutto nelle mani di un autore abituato a sconvolgere le coscienze dei benpensanti a colpi di falli, eiaculazioni ed epidemie sessuali: è, invece, una pellicola che “tradisce” le attese e disinnesca l’ordigno omosessual-parafiliaco in chiave quasi romantica, ricorrendo spesso a un’ironia sottile e affilata. Già battezzato da molti come un “Harold e Maude” gay, “Gerontophilia” è più che altro il ritratto emotivo di un ragazzo confuso - molto lontano dal prototipo del film di Hal Ashby - che in un mondo ancorato alle sue etichette post-rivoluzionarie e post-femministe, rinuncia a cercare a tutti i costi la propria identità, sovvertendo gli stessi concetti comuni di bellezza e di vecchiaia. Certo non mancano le sequenze non convenzionali, inevitabili quando si prova a parlare di un tema così scabroso: ma nel bacio sotto casa tra l’elegante signore di altri tempi e il giovanotto imberbe, o nelle suggestioni di un profilattico usato, o ancora, nei frammenti onirici in cui l’innamoramento arriva, quale estremo atto d’amore, a leccare le ferite marcescenti della vecchiaia, non c’è morbosità, nessun compiacimento disturbante. E alla fine della proiezione, dopo che la storia d’amore esce dai corridoi rancidi della casa di riposo per una effimera fuga on the road sulle strade innevate del Quebec, la sala applaude quasi spiazzata a un film comunque coraggioso, nel suo piccolo, “rivoluzionario”.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova