«Il Sant’Antonio non chiude ma sarà integrato all’Azienda»

Arriva agosto e scatta il conto alla rovescia: il 26 i direttori generali di Azienda ospedaliera Università di Padova e Usl 6 Euganea dovranno presentare in Regione il piano attuativo con tempi e modalità delle cessione dell’ospedale Sant’Antonio. Un piano che, una volta approvato dalla Regione, dovrà essere realizzato entro il 31 dicembre 2020 per vedersi compiuto. Oggi quello che preme ai due direttori è innanzitutto tranquillizzare una volta per tutte su un punto: «L’ospedale Sant’Antonio non chiuderà». È questa la minaccia che agita da settimane, da quando sono state approvate le schede di programmazione regionali per la Sanità, politica - Partito democratico e Coalizione civica in particolare - sindacati, comitati, associazioni e semplici cittadini.
il contesto
«Vogliamo descrivere in maniera chiara il percorso» esordisce Flor, «per evitare il rischio che le incertezze generino sfiducia. Sono tre anni che si lavora, e con grandi risultati, nell’ottica di una struttura ospedaliera padovana che sarà interamente nuova. Gli atti sottoscritti da Azienda, Università, Regione Comune e Provincia prevedono un ospedale su due sedi, via Giustiniani e Padova Est. Va ricordato che a dare la stura all’iter è stata la cessione a titolo gratuito da parte del Comune all’Azienda dei terreni di Padova Est. Dunque» prosegue il dg, «questa è la cornice dove oggi va inserito il percorso che interessa il Sant’Antonio. E le schede ospedaliere sono lo strumento che dovremo dare i progettisti del nuovo ospedale, l’anno prossimo, non fra cinque anni, insieme al documento di visione dell’Università, l’attività dei due ospedali. Le funzioni del Sant’Antonio saranno previste dalla progettazione in via Giustiniani o a Padova Est: ci saranno reparti e servizi presenti in entrambi altri in un solo polo.
l’integrazione
«Quando si parla di integrazione fra Usl e Azienda, o Sant’Antonio e Azienda» rileva Scibetta, «non si parla solo di futuro, ma di storia, del passato e del presente della sanità padovana. Già oggi sono numerose le convenzioni che regolano sinergie fra le due realtà: basti pensare alla Dialisi al Sant’Antonio gestita dall’Azienda, l’Ortopedia d’urgenza che è unica e vi lavorano medici dell’una e dell’altra struttura, e, ancora, la Rianimazione. Ma è unico anche il Cup e unica è la Centrale unica territoriale. Ogni giorno pazienti vengono spostati dall’uno all’altro ospedale che sono parte di un unico sistema sanitario. E il futuro, con il passaggio del Sant’Antonio all’Azienda, vedrà il compimento di questa integrazione in una visione che guarda a modelli organizzativi adeguati ai bisogni di oggi e di domani. Sbaglia chi pensa che si taglino i servizi. La verità è che si migliorano. Sarebbe scellerato, improponibile ridurre l’offerta di sanità, e non è questo che prevede la programmazione. Nessuno perde da questa operazione, sicuramente non ne perdono i cittadini in termini di assistenza e cure. Vi sarà un’aggregazione per aree funzionali, per massimizzare l’efficienza».
il territorio
Uno dei nodi che viene chiamato in causa dai detrattori della cessione del Sant’Antonio, è il carattere della territorialità, elemento che non apparterrebbe all’Azienda universitaria, descritta come hub per le eccellenze e l’alta specializzazione. «Questo» rivendica Flor, «è un ospedale che garantisce le cure dal primo livello fino all’alta specializzazione. Non è che si viene qui solo per i trapianti, è assurda questa visione. Nei nostri reparti medici il 95% dei pazienti arriva dal pronto soccorso e il 95% di questi è padovano o della provincia. Esattamente come al Sant’Antonio. Non siamo un porto franco, siamo ospedale padovano e la funzione territoriale è identica a quella del Sant’Antonio».
le scadenze
Il 26, quindi, il piano deve arrivare in Regione. «Ci sono degli obblighi di condivisione da ottemperare» rilevano i due dg, «motivo per cui il 13 agosto abbiamo convocato le riunioni con i sindacati, la Conferenza dei sindaci e il Collegio di direzione. Ci rendiamo perfettamente conto è che è una data molto critica, e lo è per tutti, ma non abbiamo alternative visti i tempi. Incontrarci il 13 consentirà alle parti di avere il tempo, entro il 26, di formulare le loro eventuali critiche, correzioni, suggerimenti al piano a cui sta lavorando un team di almeno 40 persone. È richiesto un sacrificio comune e ci auguriamo che nessuno neghi la disponibilità». Agosto, insomma, si preannuncia caldissimo. —
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