Il Tar boccia l’ampliamento dell’area venatoria Ca’ Marcello

Voleva moltiplicare la sua già estesa azienda agrituristico venatoria Ca’ Marcello, termine elegante per definire una riserva dove si va a caccia, basta pagare. La Provincia di Padova aveva autorizzato la richiesta, salvo ridurre drasticamente le misure dell’ampliamento reclamato. Uno scacco irricevibile per il conte Vettor Marcello, titolare dell’azienda Ca’ Marcello con sede a Levada di Piombino Dese dove si trova l’omonima villa cinquencentesca. E così l’imprenditore agricolo si era rivolto alla Giunta regionale del Veneto che aveva risposto “sì” su tutto il fronte.
Niente da fare: lo sbarramento e il secco no all’ampliamento è arrivato da una sentenza del Tar del Veneto, il Tribunale amministrativo regionale che ha accolto il ricorso dell’Ambito territoriale di caccia Pd 3 Dese (Atc Dese), l’ente territoriale che ha compiti di gestione faunistica e di organizzazione dell'attività venatoria, tutelato dall’avvocato Stefano Mirate.
Il motivo? La vicinanza con il Parco del fiume Sile. E il rischio che la selvaggina dell’area protetta si mescoli a quella di allevamento della riserva di caccia e sia uccisa.
Il 24 marzo 2018 Vettor Marcello chiede di portare la superficie dell’Azienda venatoria a oltre 30 ettari tanto da arrivare al confine con il Parco regionale del Sile nel Trevigiano. Tuttavia a luglio corregge la domanda, limitando a oltre 23 ettari la richiesta ma restando sempre a ridosso dell’area protetta del Sile.
L’Istituto superiore per la ricerca e la protezione animale esprime un parere negativo il 26 giugno 2018 in quanto «le distanze... sono insufficienti per ridurre al minimo il rischio che la fauna selvatica presente nell’ambito protetto (il Parco del Sile) possa essere abbattuta all’interno dell’Azienda agro-turistico venatoria.... dove è consentito solo l’abbattimento di selvaggina allevata».
Sfavorevole anche il parere pronunciato dall’Atc Dese perché «la selvaggina autoctona presente nel Parco verrebbe contaminata dalla selvaggina di allevamento lanciata sistematicamente dall’Azienda agrituristica venatoria (50-150 metri dal confine del parco)». Una posizione contraria ribadita nel successivo mese di agosto, precisando che «le distanze che devono rimanere libere per non contaminare la selvaggina del Parco del Sile» e che «la selvaggina cacciabile nelle Aziende agrituristiche venatorie deve essere di allevamento». Insomma non c’è la sufficiente distanza dal Parco del Sile. Il 27 agosto 2018 pure la Commissione faunistico venatoria della Provincia di Padova ribadisce il “no” alle ampie misure reclamate da Vettor Marcello. Il 30 ottobre il diniego diventa ufficiale in un decreto del presidente della Provincia di Padova che concede un mini-ampliamento di 1,75 ettari «non in vicinanza del Parco del fiume Sile».
Ma il conte non si rassegna. Quell’ampliamento lo vuole. E lo ottiene. Come? Con un ricorso gerarchico (di natura amministrativa) proposto alla Giunta regionale del Veneto il 19 giugno 2019 contro il decreto dal presidente dell’ente provinciale padovano.
E il 22 luglio quest’ultimo concede l’ampliamento per un totale di oltre 21 ettari.
Non ci sta l’Atc Dese. Il 14 agosto l’ente fa ricorso al Tar reclamando l’annullamento del provvedimento del presidente della Provincia di Padova che ha concesso al conte Vettor Marcello quello che voleva.
E i giudici amministrativi danno ragione all’Atc: c’è un problema di contaminazione che fa ritenere probabile l’abbattimento della fauna selvatica proveniente dal Parco del Sile se fossero rimodulati i confini dell’Azienda turistico venatoria. Niente ampliamento, almeno per ora. —
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