Il violino di Isabelle Faust è un viaggio nella musica

PADOVA. Oggi gli interpreti che affrontano la musica contemporanea o non escono dal recinto della modernità, oppure, quando lo fanno, frequentano solo i grandi capolavori del passato. Sembra quasi un’...

PADOVA. Oggi gli interpreti che affrontano la musica contemporanea o non escono dal recinto della modernità, oppure, quando lo fanno, frequentano solo i grandi capolavori del passato. Sembra quasi un’eccezione la violinista Isabelle Faust, che ha spesso eseguito Ligeti, Feldman, Nono, Lachenmann, ma non disdegna di offrire al pubblico padovano dell’auditorium Pollini dove si è esibita, un programma eterogeneo, con brani ottocenteschi spesso considerati buoni per un “encore” e l’insolita scoppiettante Seconda Sonata di Antheil, attingendo al grande repertorio solo per la Sonata di Franck. Dvoràk chiama i suoi Pezzi op. 75, “romantici” nel 1887, quando la grande stagione romantica è alle spalle da decenni, ma il compositore boemo nobilita spunti popolareschi. Il gusto naif di queste pagine è esposto con convinzione dalla Faust, che non le sovraccarica con eccessi di vibrato e le lascia alla loro spoglia semplicità.

Grazie all’accompagnamento discreto del pianista Alexander Melnikov, esce intatta l’intimità malinconica dei brani. Il carattere rapsodico con cui esordiscono le Impressions d’enfance op. 28 di George Enescu, in Ménétrier (menestrello) per violino solo, fa pensare che anche qui sia la musica popolare a essere citata, ad essere fonte d’ispirazione in modo non dissimile a quello di Bartók. Poi però prevale una scrittura che, nella sua ricerca timbrica, si potrebbe definire postimpressionista. Si pensi all’imitazione del canto dell’uccellino in gabbia con suoni flautati e armonici. Enescu era un grande violinista e la scrittura strumentale è a tratti impervia, ma non tale da impensierire la Faust, che domina perfettamente il suo Stradivari e, in totale sintonia con Melnikov, tratteggia con sagacia questi rapidi quadretti. La Canzonetta (Andante), pausa placata tra i due Allegri del suo concerto per violino, fu preferita da Chaikovskij ad una prima versione poi ripubblicata come Méditation (Souvenir d’un lieu cher) che ha momenti di maggior concitazione, anche se prevale anche qui una calorosa cantabilità, che il suono terso e nitido di Isabelle Faust esalta.

La Sonata di Franck è esposta all’inizio con tono dimesso e dinamiche contenute, ma anche in seguito ogni esteriorità è evitata, nessuna concessione è fatta alla retorica. Esemplare sotto questo profilo l’interpretazione del Recitativo, Fantasia. Una sonata così ricca di dialogo ed imitazioni mette in luce il magnifico affiatamento del duo ed anche il solido pianismo di Melnikov ha modo di farsi valere al meglio.

A concludere, la futurista Sonata “Airplain” di Antheil: ritmi sincopati, clamorosi glissandi, rumorose dissonanze, uso di un tamburello, spettacolarità esibita. Impagabili Faust e Melnikov e applausi scroscianti che ottengono un Notturno di Cage come fuori programma.

Massimo Contiero

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